12 gennaio 2010

Le banche e i Tremonti-bond: un'ipotesi alternativa

Nel 2008 il governo italiano ha messo a disposizione delle banche i cosiddetti Tremonti-bond, fondi destinati a ridare liquidità alle banche in crisi. Con qualche eccezione, le banche italiane a cominciare dalle più grandi hanno rifiutato. Perchè?

Primo, i soldi offerti alle banche erano piuttosto cari. Tremonti voleva che lo Stato guadagnasse dal prestito, facendo pagare tassi di interesse più elevati di quelli pagati dallo Stato. Naturale dunque che le banche cercassero soldi altrove.

Secondo, forse le banche italiane non si fidano molto di Tremonti, che nel 2002 con un decreto poi dichiarato (in parte) incostituzionale, voleva modificare l'azionariato delle fondazioni bancarie, che di molte banche sono i principali azionisti.

Terzo, e veniamo all'ipotesi alternativa, le banche italiane e soprattutto i fondi comuni di investimento italiane hanno deluso i risparmiatori alla ricerca di rendimenti più elevati di quelli offerti dai BOT, come ha spiegato il prof. Scienza (1). Rendimenti bassi e capitali in fuga dai fondi.

Paradossalmente ciò può aver aiutato le banche italiane: quando la crisi ha interessato le banche, chi offriva rendimenti più alti della media e più rischiosi ha fatto i conti con la fuga dei capitali attratti dagli alti rendimenti ed è stato costretto a ricorrere agli aiuti pubblici.

Nel caso delle banche italiane, quando è scoppiata la crisi, i capitali alla ricerca di rendimenti più elevati non c'erano già più. La fuga dei capitali è stata perciò limitata e per questa ragione, a mio avviso, le banche non hanno fatto ricorso ai capitali messi a disposizione, a caro prezzo, da Tremonti.

Una volta tanto, forse, chi fa peggio ha motivo d'essere contento.

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(1) http://investitoreaccorto.investireoggi.it/la-debacle-dei-fondi-comuni-italiani.html

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