08 febbraio 2015

Parma calcio

Iniziato da qualche settimana il girone di ritorno della Serie A è chiaro che c'è una squadra in forte crisi economica e di risultati: il Parma.

La squadra emiliana è ultima in campionato e non paga gli stipendi di tutti i dipendenti da luglio, vale a dire da quando i tribunali sportivi hanno deciso che non aveva i requisiti per iscriversi all'Europa League, non avendo pagato i contributi di alcuni giovani giocatori.

Incassato il verdetto, il presidente Ghirardi, appartenente a una famiglia di imprenditori bresciani, ha dichiarato di voler vendere la società, passata di mano a dicembre e poi di nuovo a gennaio. Nel frattempo niente soldi per nessuno, con la conseguenza che molti giocatori hanno fatto le valigie senza alcun vantaggio per la società, se non la possibilità di ridurre il monte stipendi.

L'opinione diffusa è che il Parma ha buone probabilità di fallire e addirittura di non finire il campionato.

Una situazione che si poteva prevedere.


Non sono infatti mancati i segnali di un bilancio molto sospetto. La stagione 2012-13 s'è chiusa con una perdita di 3 milioni, frutto però di due operazioni particolari: la vendita di marchio e altri diritti a società dello stesso proprietario, che ha portato una plusvalenza di una trentina di milioni, e un debito verso i giocatori non contabilizzati per oltre 3 milioni.


Ciò significa che il Parma in quell'anno ha perso oltre 35 milioni a fronte di un'ottantina di milioni di fatturato. Per farla semplice per ogni 2 euro incassati ne hanno spesi 3.

In quella stagione a mancare sono state le plusvalenze, diminuite da 53 a 22 milioni. Già, perchè il Parma negli ultimi anni ha comprato decine anzi centinaia di calciatori, nella speranza di rivenderli e coprire, con i guadagni ottenuti, parte dei costi della società.


E anche in questo caso c'era qualcosa di sospetto. La prima ragione è che una società che nel 2011-12 ha fatturato un centinaio di milioni metteva a bilancio più di 50 milioni di plusvalenze, rivelando nella migliore delle ipotesi (vale a dire che tutte le plusvalenze fossero reali e non il frutto di artifici contabili) una situazione squilibrata per un eccesso di plusvalenze rispetto al fatturato.


La seconda ragione è che tra le plusvalenze c'erano gli oltre 3 milioni per la vendita di tal Emiliano Storani all'Ascoli. Una somma esagerata per un giocatore che con l'Ascoli (poi fallito) non è mai entrato in campo. S'è trattato presumibilmente di una vendita che serviva solo a creare una plusvalenza.




Non sappiamo se il Parma fallirà, ma se succederà, con relative polemiche sulla regolarità del campionato, la colpa sarà delle autorità sportive, incapaci di vedere anomalie evidenti e di intervenire.

9 commenti:

  1. La prima ragione è che una società che nel 2011-12 ha fatturato un centinaio di milioni metteva a bilancio più di 50 milioni di plusvalenze

    Solitamente, diciamo a livello di serie A, qual è la percentuale media dell'incidenza plusvalenze sul totale del fatturato? Perché messa così, come prima ragione, senza alcun dato su cui paragonare questo 50%, è impossibile capire se sia anomalo o no.

    La seconda ragione è che tra le plusvalenze c'erano gli oltre 3 milioni per la vendita di tal Emiliano Storani all'Ascoli. [...] S'è trattato presumibilmente di una vendita che serviva solo a creare una plusvalenza.

    Messa così, dopo aver appena detto che la politica del Parma era proprio di finanziarsi vendendo giocatori, non vedo nullo di strano che si sia venduto un giocatore proprio per guadagnarci sopra.
    Semmai si può obiettare sulla valutazione, ma anche qui come si può capire (in astratto, non nel caso specifico) se siamo di fronte a un'operazione poco chiara o semplicemente a un bidone rifilato al cessionario? Quanti sono i giocatori che normalmente si scopre essere stati sopravvalutati (elenco sterminato, per tutti i gusti, per tutte le squadre).

    La stagione 2012-13 s'è chiusa con una perdita di 3 milioni, frutto però di due operazioni particolari: la vendita di marchio e altri diritti a società dello stesso proprietario
    Sbaglio o, a livello di valutazione, si parla non della sola squadra di calcio ma dell'intero suo perimetro societario? Sicuramente è così a livello UEFA, e non credo che a livello FIGC sia molto diverso, considerato che è la stessa federazione in Italia a rilasciare la licenza UEFA. Per cui gli scambi "infragruppo" verrebbero così a essere elisi a vicenda.



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    1. mediamente non lo so. la juventus l'anno scorso ha fatto plusvalenze per circa 35 milioni, poco + di 1/10 del fatturato, negli anni precedenti meno di 15 milioni, ovvero poco + del 5%

      trattandosi di una voce che dipende dalla capacità di valorizzare i giocatori, non può trattarsi di una grande cifra altrimenti c'è il rischio che un'annata negativa per quanto riguarda le plusvalenze provochi forti perdite

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    2. si le due operazioni si elidono ma il punto importante è che si trattava di un trucco per nascondere una perdita elevata in rapporto al fatturato e quindi una situazione molto difficile

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    3. Quello che dicevo io è che, proprio perché elidendosi, non si aveva un vantaggio poiché ad essere valutato dovrebbe essere l'intero perimetro societario del Parma, e non solo il Parma FC spa per intenderci.
      Almeno a livello di licenza UEFA (rilasciata dalla FIGC) funziona così, e quindi l'escamotage non avevo alcun effetto pratico.

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    4. senza l'escamotage avrebbero dovuto ricapitalizzare il parma o metterlo in liquidazione. quindi ci sono effetti pratici

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    5. Hai ragione: erroneamente mi ricordavo una cifra diversa del capitale sociale del Parma e non i 13.000.000 reali.

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  2. hanno venduto per 3 milioni un giocatore a una società poi fallita nel bel mezzo del campionato.. si tratta di un escamotage contabile, nella migliore delle ipotesi e inoltre 3 milioni per un giocatore che va in B sono moltissimi

    qualcuno usa questi trucchetti x migliorare il bilancio, ma può farlo perchè diventa un modo di distribuire i costi nel tempo. lo possono fare se hanno una società solida che paga, anche se a rate

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    1. Non discutevo tanto la natura dell'operazione, quanto la sua valutazione a posteriori. Il succo del mio discorso in generale è che è ora molto facile dire che il Parma era a rischio e ci si doveva muovere a tempo, ma in realtà i segnali di rischio sono definibili come tali anche a priori?

      La "autovendita" del marchio è pratica fatta da più società, come INter e Sampdoria, che io sappia, per cui è pratica consolidata.
      Il fatto di vendere giocatori per fare plusvalenze è politica altrettanto consolidata delle piccole (semmai era abnorme il numero di contratti mossi: all'inizio pensavo che i vari siti specializzati avessero sbagliato a riportare le cifre di acquisti/cessioni)
      Anche l'essere riusciti a spuntare un prezzo eccessivo rientra nella consuetudine delle bufale e bidoni che popola il calcio da che esiste il mercato (e anche prima)

      Poi fra l'altro, se l'Ascoli è fallito senza prima aver pagato il Parma, quest'ultimo che vantaggio ha poi avuto? Non deve contabilzzare il tutto nei costi come "perdite su crediti" per la parte residua del pagamento?

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    2. quando i revisori e il collegio sindacale segnalano anomalie, quando si vendono giocatori sconosciuti per cifre improbabili..c'è un problema.

      l'hanno fatto anche altri, certo.. ma se lo fa l'inter o la roma puoi pensare che poi qualcuno copra con soldi suoi oppure che si possa vendere una società. più arduo per una società + piccola come il parma che ha centinaia di tesserati, altra cosa anomala

      il parma sicuramente perde soldi con quell'operazione che però era fatta solo per rinviare al futuro delle perdite.

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