A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca, diceva perfidamente Giulio Andreotti.
Oggi per la terza volta in pochi mesi lo spread corre verso quota 300 mentre la borsa ha toccato qualche ora fa un preoccupante - 4,6%, con le azioni delle due principali banche italiane che perdono oltre l'8% e una perdita di valore dei titoli posseduti dallo Stato di oltre 1 miliardo.
Colpa dell'aggiornamento di un documento economico che stabilisce un deficit del 2,4% l'anno per i prossimi 3 anni, rinnegando gli accordi presi in precedenza con l'UE sul deficit.
I mercati l'hanno presa male, malissimo, come era già successo a maggio quando parevano fallire i tentativi di fare un governo e poi a agosto, di fronte a affermazioni dei ministri desiderosi di soddisfare gli elettori sforando i limiti al deficit.
La nascita del governo e affermazioni tranquillizzanti hanno poi spinto verso il basso lo spread e verso l'alto i valori in borsa. Almeno fino a ieri, quando è parso chiaro che avrebbero prevalso le spinte per soddisfare le richieste dei partiti di governo, a scapito del deficit.
A questo punto è chiaro a tutti cosa si aspettano i mercati e come reagiscono. E' chiaro che le affermazioni di Di Maio che s'è detto sicuro di convincere i mercati sono parole al vento, è evidente che alzare il deficit vuol dire alzare lo spread e quindi la spesa per interessi, peggiorando ulteriormente i conti pubblici.
Meno chiaro è la ragione di scelte dall'esito scontato. Una ipotesi che si può fare è che si vogliono illudere gli elettori, magari con tanto di festa sotto il balcone di Palazzo Chigi, per poi spiegare che se certe promesse non si possono mantenere dipende da altri.
Ma viene anche il sospetto che dietro ci sia una regia: qualcuno potrebbe dirigere il gioco delle dichiarazioni, rassicuranti e allarmanti per i mercati, per realizzare grandi guadagni sui mercati finanziari.
A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca, come diceva Andreotti.
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