15 maggio 2012

Deglobalizzazione

Nelle ultime settimane ho ricevuto qualche email con una domanda: che ne pensi di questo video di Report?

Si parla di banche e economia, si propongono modelli economici e bancari alternativi, di compensazione dei crediti, di impegno sociale e di aziende che sopravvivono a sentenze di morte dei loro proprietari, preoccupati soltanto di far profitti.

E' possibile costruire banche che non investono in derivati, non speculano e prestano i soldi ad aziende che producono beni e servizi e scelgono i propri fornitori tra aziende locali a loro volta preoccupate di creare lavoro e di tutelare i diritti dei propri lavoratori? E' possibile compensare crediti e debiti delle imprese così da minimizzare il ricorso al credito bancario? E' possibile avere imprese in cui i dipendenti non siano considerati soltanto costi da ridurre?

Certo, basta volerlo. Un profitto o un reddito più alti non sono il solo obiettivi possibili degli esseri umani e scegliere il fornitore con la caratteristiche desiderate invece di quello più conveniente, può essere conveniente, non solo più etico o più corretto da un punto di vista ecologico. Lo sanno da sempre le imprese giapponesi che da sempre preferiscono rivolgersi a fornitori con cui instaurare rapporti di lungo termine. Forse si paga di più un prodotto o un servizio, ma la qualità richiede un'interazione costante tra imprese, impossibile se prevale una convulsa ricerca del fornitore più conveniente.

Non è necessario che i capitali girino vorticosamente per il mondo alla ricerca del profitto immediato, per fuggire non appena l'investimento si rivela meno conveniente.

Possono finire in banche che li prestano a imprese con cui instaurano rapporti di lungo periodo, come succede soprattutto tra banche locali (le nostre banche di credito cooperativo) e i loro clienti, che seguono nel tempo assicurandosi un minor tasso di insolvenza. O possono esserci imprese in cui l'impresa decide con i lavoratori la strategia da seguire per affontare i concorrenti.


C'è qualcosa di nuovo in tutto questo? No, le banche che non speculano con prodotti finanziari complessi sono sempre esistite, come le imprese che scelgono i fornitori non solo in base alla convenienza immediata.

La globalizzazione o meglio l'ideologia liberista che l'ha promossa, ha convinto molti che il modo di gestire i rapporti tra impresa e lavoratori, tra impresa e fornitori, tra banca e impresa dovevano ispirarsi a regole diverse, dominate da una concorrenza spietata, dalla scelta del lavoratore o del fornitore più conveniente nell'immediato.

S'è quasi dimenticato che c'erano economie, come quella tedesca e quella giapponese, non dominate dalla finanza e dalla ricerca del profitto nel breve termine. I disastri causati dalla crisi spingono alcuni a riproporre quei modelli, che non sono nuovi. Sono il ritorno a un mondo meno globalizzato e meno liberista. Potremmo chiamala deglobalizzazione.




2 commenti:

  1. "L'interesse più alto è quello di tutti"

    questo è il motto di Banca Popolare Etica, e sinceramente esistono sempre di più casi di banche che orientino il proprio operato a obiettivi diversi da quelli cui certa cronaca ci ha abituato.
    La campagna error 404 e la sua evoluzione, nobigbanks, parlano di questo: favorire le piccole banche che non han fatto giochi spericolati o quelle etiche, spostando i conti correnti da quelle grandi alle loro.
    Personalmente parlo anche da socio di Banca Etica, ma posso dire che essere parte di una realtà simile dà proprio soddisfazione! Domani avrò un incontro in provincia con l'assessorato alle politiche sociali per un progetto supportato come gruppo soci di Banca Etica, volto a far istituire un comitato per vigilare sul fenomeno dell'usura, segno che il cambiamento della situazione attuale dipende solo da noi ;)

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  2. Per alcune proposte dal servizio mi sembra di rivedere la nascita della Crediteuronord.

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