Ci saranno molte lamentele. Cerchaimo di capire il perchè. Da sempre dalle università di alcune zone d'Italia escono molti più insegnanti di quelli che possono impiegati sul territorio e così gli insegnanti sono costretti a spostarsi. Di solito il flusso va da sud a nord: insegnanti del sud che si vedono costretti a cercare un posto al nord.
L'emigrazione del dopoguerra ha reso tutto sommato accettabile questo flusso. Dal sud partivano persone appena laureate destinate a passare una parte importante della propria vita nelle scuole piemontesi o lombarde, con una qualità della vita probabilmente migliore di quella di chi partiva dal sud per cercare fortuna in fabbrica.
Poi l'emigrazione si è fermata o quasi e in alcuni periodi c'è stato anche un flusso in direzione opposta: non solo persone che tornavano a vivere al sud ma anche lavoratori pubblici che, assunti al nord, dopo un pò ottenevano il trasferimento vicino a casa.
Nella scuola il sud ha continuato a offrire più insegnanti di quanti ne potesse collocare e il nord meno di quelli di cui aveva bisogno. Qualcuno era costretto a cambiare regione per una cattedra spesso provvisoria. Si risolvevano così le necessità delle scuole alle prese con le supplenze e si lasciava aperta la speranza, per chi era costretto a andare lontano da casa, di tornarvi prima o poi.
Possiamo scommettere che qualche governo invece di affrontare i problema del precariato l'abbia alimentato per non dover dire a una parte dei lavoratori della scuola "ti posso assumere ma solo lontano da casa tua".
Il governo Renzi invece ha scelto questa strada, anche perchè obbligato dall'Europa che impone la stabilizzazione dei precari. L'ha fatto in modo forse brutale: chi viene assegnato a una scuola lontano da casa, se non accetta, rischia di uscire dalle graduatorie. Una scelta difficile per molti, perchè i precari spesso non sono giovani ma persone mature, con famiglia e figli.
Superata questa fase con le polemiche di rito, si dovrà affrontare il problema degli squilibri regionali. Come?
Se in alcune regioni le università sfornano troppo pochi insegnanti rispetto alle necessità delle scuole e in altre molti di più si possono introdurre una serie di incentivi per provare a riequilibrare la situazione (tasse più alte o più basse, posti limitati nelle scuole di specializzazione dove ci saranno meno cattedre, maggior numero di posti dove ci sarà una maggior richiesta di insegnanti). Ma soprattutto si dovrebbe cercare di svincolarsi da regole che permettono agli insegnanti di andare ovunque, salvo poi sperare in un trasferimento.
Queste regole sono regole fatte apposta per illudere chi aspira a una cattedra e non forniscono un buon servizio. Lo studente e la sua famiglia preferiscono che l'insegnante sia sempre lo stesso durante tutto il ciclo scolastico e ancora di più vorrebbero fosse sempre lo stesso durante l'anno scolastico.
Per cui sarebbe sensato se fossero le scuole a assumere insegnanti destinati a passare tutta la loro vita professionale o almeno buona parte di essa (con le dovute eccezioni) nella stessa scuola.
Insomma serve programmazione, regole che pensino ai diritti degli insegnanti ma anche a quelli degli studenti, cosa che in Italia non sempre avviene, evitando le situazioni ambigue che servono soltanto a illudere qualcuno.
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