Con i tassi di sconto prossimi allo zero, è quasi inevitabile che i tassi di interesse pagati dallo Stato sui titoli di stato (BOT, CCT e simili) siano anch'essi vicini allo zero. D'altronde uno degli obiettivi dell'abbassamento del tasso di sconto è proprio quello di abbassare la spesa per interessi dello Stato (ma anche di famiglie e imprese) per ridurre gli effetti negativi sui conti pubblici di un debito pubblico molto elevato.
Si spiegano di meno i tassi negativi sull'emissione di titoli di stato, vale a dire la circostanza per cui chi sottoscrive titoli di stato di breve durata (i classici BOT) finisce per ricevere un tasso negativo, cioè per pagare qualcosa allo Stato a cui presta i soldi. Perchè mai si dovrebbero prestare soldi allo Stato rimettendoci?
C'è una spiegazione: i depositi bancari sono assicurati ma per importi limitati, 100.000 euro. Il resto è a rischio e dal 2016 la parte eccedente la somma assicurata può essere utilizzata dal liquidatore di una banca fallita per rimborsare i creditori.
Così i correntisti con oltre 100.000 euro sul conto hanno interesse a investirlo. E cosa c'è di meno rischioso di un titolo di Stato a breve termine? I titoli di Stato sono considerati equivalenti ai contanti perchè il garante è lo Stato e esiste un mercato efficiente dove si possono vendere facilmente.
La perdita, sia pur limitata, è il male minore per chi, come i fondi pensione o i fondi di investimento, gestisce somme enormi.
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