I sovranisti italiani immaginano un ritorno al 1980, anno in cui non esisteva l'euro e neppure il divorzio tra la Banca d'Italia e il ministero del Tesoro, avvenuto nel 1981.
Supponiamo allora di tornare a quel 1980 e cerchiamo di capire cosa potrebbe succedere nell'economia italiana.
Il divorzio del 1981 si realizzò con la decisione di togliere l'obbligo per la Banca d'Italia di comprare i titoli invenduti alle emissioni di titoli di stato. Tale obbligo consentiva al Tesoro di emettere BOT, CCT, BTP ecc ben sapendo che un compratore ci sarebbe stato. O, in altri termini permetteva allo Stato di spendere di più e collocare i titoli ai tassi stabiliti dal governo.
Viene da chiedersi perché servisse l'obbligo di acquisto dei titoli invenduti. La risposta è che ci si voleva tutelare contro il rischio che alle aste dei titoli di stato la domanda fosse inferiore all'offerta. Ma si voleva anche tenere i tassi e quindi la spesa per interessi a livelli più bassi.
Detta così si potrebbe concludere che il ritorno al 1980 potrebbe essere positivo: lo Stato spende più di quanto consentito dai vincoli europei e dal buon senso, e la spesa per interessi resta sotto controllo, se alle aste dei BOT e del BTP c'è la Banca d'Italia a comprare i titoli invenduti.
Ma c'è un rovescio della medaglia che molti ignorano, anzi più di uno
Se la Banca d'Italia entra nelle aste dei titoli di stato è forse perché mancano i capitali privati? Gli italiani sono grandi risparmiatori e il risparmio supera ogni anno il deficit statale, ma i risparmiatori-investitori non si fidano di titoli che offrono un tasso di interesse troppo basso e sanno che c'è un rischio svalutazione della moneta, quando è emessa in quantità eccessiva.
Quando la Banca d'Italia interviene per comprare i titoli di stato accade proprio questo: la banca emette moneta, più di quanta ne emettono altri paesi, e la moneta si svaluta.
Se dunque tornassimo all'euro e emettessimo moneta ovvero la Banca d'Italia avesse l'obbligo di comprare i titoli di stato al momento dell'emissione, finiremmo per avere un moneta destinata a svalutarsi, con conseguenze negative anche per le imprese.
Se i titoli di stato sono in una moneta che si svaluta, serve un rendimento sufficiente a coprire il rischio di perdite. E questo rendimento sarebbe richiesto non solo allo Stato ma anche a famiglie e imprese che ricevono prestiti.
Allora che senso ha immaginare un ritorno alla lira e soprattutto l'emissione di moneta da parte della Banca d'Italia? Lasciare una moneta che permette di pagare tassi molto bassi, per una moneta che si svaluta e quindi impone tassi alti, appare un suicidio, una mossa politica senza senso.
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