Per molti mesi, nel 2010, ci siamo indignati dell'assenza del ministro dello sviluppo economico, ma forse abbiamo sbagliato. Infatti Paolo Romani, un imprenditore televisivo con un passato burrascoso e fedelissimo del presidente del consiglio, fa rimpiangere il periodo in cui al ministero c'era Berlusconi, ovvero nessuno.
Infatti Romani è intenzionato a ridurre drasticamente gli incentivi alle energie rinnovabili.
Produrre energia con i pannelli solari o le pale eoliche conviene, grazie agli incentivi.
Lo stesso succedeva con l'energia nucleare. Per far digerire il rospo dell'energia nucleare si erano studiati incentivi economici e regole che impedivano alle amministrazioni locali di ostacolare la costruzione di centrali.
I referendum sul nucleare hanno spazzato via incentivi e regole restrittive e con essi le centrali. Invece la tecnologia offre oggi pale eoliche, pannelli solari e altri modi per produrre energie rinnovabili, mentre gli accordi internazionali e le regole nazionali prevedono disincentivi economici a carico di chi inquina e incentivi a vantaggio di chi produce energia pulita.
Romani vorrebbe capovolgere tutto questo, tagliando gli incentivi alle rinnovabili, con la scusa che l'Italia raggiungerà nel 2011 l'obiettivo di 8.000 megawatt previsto per il 2020, mettendo a rischio 120.000 posti di lavoro, mentre costruzione di centrali nucleari, che se va bene avverrà tra molti anni, con costi elevati per la collettività e non produrrà alcun vantaggio immediato sulle bollette energetiche, assomiglia a una faccenda militare, col governo che impone e nessuno che può opporsi.
Le scelte di Romani hanno sortito, per ora, l'effetto sperato: il decreto legislativo oggi rinvia le decisioni sugli incentivi. 120.000 posti sono salvi, almeno fino a giugno.
Certo è curioso un governo che in un periodo di crisi mette a rischio 120.000 posti di lavoro per incentivare la costruzione di centrali nucleari che, se tutto va bene, avverrà tra qualche anno.
Ancora più curioso se si pensa che il settore energetico corre come pochi altri e che le energie rinnovabili convengono, come racconta l'esperto di energie di Repubblica (vedi qui). Secondo una ricerca infatti a fronte di incentivi pari a 6,6 miliardi in 30 anni, i costi per chi produce anidride carbonica sono più che doppi, superando i 14 miliardi. A questi vanno aggiunti altri i mancati costi che da soli coprono quasi la metà della somma spesa in incentivi.
Insomma, Romani vuol far tornare indietro l'Italia al nucleare, mettere a rischio un settore in forte crescita, eliminare gli incentivi e gravare le tasche di tutti noi di spese che possiamo evitarci.
Si stava meglio quando il ministro dello sviluppo economico era impegnato a procurarsi ragazze per il bunga-bunga e non pensava ad un modello di sviluppo economico vecchio. Come lui.
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