23 marzo 2011

Truffatori: a volte ritornano...


Da qualche settimana le cronache parlano di Aiazzone.

Aiazzone era un signore biellese che costruì una fabbrica di mobili a Biella. Poi decise di venderli e aprì a Biella un negozio, molto pubblicizzato sulle tv private, come si diceva allora. Un signore dal volto rassicurante spiegava che le consegne sarebbero avvenute in tutta Italia, "isole comprese" e cercava di convincere i potenziali clienti con uno slogan diventato famoso: "provare per credere".

A 39 anni però il signor Aiazzone morì in un incidente con il suo piccolo aereo. Era il 1986 e il mobilificio che portava il suo nome rimase in vita, guidato dalla moglie, aprendo numerosi punti vendita in tutta Italia.

25 anni dopo si sta trasformando in un incubo per migliaia di malcapitati che hanno deciso di provare a comprare una cucina, un letto, l'armadio o la cameretta per i bambini. Gente che ha sottoscritto un contratto di finanziamento con una finanziaria o ha versato un anticipo, senza mai ricevere i mobili.

Anzi di Aiazzone si sta occupando il tribunale fallimentare di Torino, su richiesta della procura della Repubblica, perchè il mobilificio ha praticamente chiuso: non paga i dipendenti nè i fornitori e non consegna la merce prenotata.

A capo dell'azienda non c'è più la signora Aiazzone, che ha venduto da tempo l'azienda, ma alcuni personaggi discutibili. Uno è un imprenditore del settore, Semeraro, che qualche mese fa si è presentato in tv per rassicurare i clienti e qualche settimana fa, invece, ha maltrattato un inviato delle Iene che voleva fargli qualche domanda.

Un altro si chiama Palenzona ed è il fratello di uno dei principali esponenti di Unicredit. Il terzo si chiama Borsano e ha un curriculum assai interessante.

Saltò fuori dal nulla negli anni '80 diventando presidente del Torino calcio. Ebbe poca fortuna sportiva, e fece di tutto per farsi notare. Si fece pagare in nero dal Milan cui vendette un calciatore, divenne deputato del PSI, cedette fittiziamente il Torino al suo notaio, Goveani, a sua volta travolto dalle inchieste giudiziarie e finì in galera un paio di volte. La prima voltà per i reati commessi da una sua finanziaria e la seconda per il commercio di elettronica con annessa evasione dell'IVA e di altre imposte.

Uno col senso degli affari e qualche ... vizietto, si disse allora, come quello di cambiare sede alle società: quando arrivarono le prime denunce e richieste di fallimento, lui prese le sue aziende e le spostò da Torino ad Acqui Terme, dove il tirbunale fallimentare e la procura erano molto "teneri" nei suoi confronti.

Oggi come allora si assiste a un gran valzer di società, comprate e vendute, spostate di sede, a dipendenti non pagati ma neppure messi in cassa integrazione o licenziati perchè chi rappresenta le aziende semplicemente non c'è, non si fa vivo, promette ma non mantiene. Un gioco già visto negli scorsi anni con i call center Agile/Phonemedia.

Il tempo passa, ma certi metodi restano e a volte certi incubi per il malcapitato tornano.

Non resta che sperare che, come per i call center, arrivino le manette, le sole a fermare il furbetto di turno.

6 commenti:

  1. http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/03/28/news/crac_aiazzone_arrestati_borsano_e_semeraro-14183955/

    come volevasi dimostrare sono arrivati gli arresti

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  2. I SOLITI NOTI
    Ma quanto resteranno in cella? Com'è possibile che certi delinquenti continuino a reiterare i loro crimini?
    Ale

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  3. finiti in galera (Semeraro e Borsano) e società fallita... chi ha pagato i mobili non riceverà nulla o quasi

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  4. Sì adesso, ma temo che tra qualche anno torneranno all'onore delle cronache. Non c'è modo di impedire che simili truffatori continuino a defraudare la gente e il fisco?

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  5. ci sono i vincoli previsti per chi fallisce, ma il vero guaio è che in Italia le imprese pagano con ritardi enormi. Se pagassero le fatture con breve ritardo o addirittura al momento dell'emissione, chi ritarda sarebbe subito messo sotto osservazione e chi è vittima di un fallimento non subirebbe un danno enorme; in più garantiresti anche il cliente del negozio o almeno ne garantiresti un gran numero.

    Bisognerebbe costringere chi finanzia questi soggetti (cioè gente che ha un passato di truffatore) a vigilare, rendendoli responsabili se l'impresa cui offrono i soldi non paga subito i fornitori

    Costoro spingevano la gente a finanziarsi per comprare i mobili e trasferivano altrove i soldi, mentre non pagavano i fornitori.
    Viene il sospetto che ci sia qualcosa di losco.

    Ci vorrebbero dei vincoli per chi finanzia, per l'impresa e la banca: il finanziatore deve versare i soldi sul conto dell'impresa e la banca deve vigilare sugli usi.. se c'è qualcosa di sospetto si blocca il tutto e si chiama la procura. Questo almeno se c'è di mezzo gente con precedenti storie del genere. Ci vorrebbe tutto questo..

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  6. già... ci vorrebbe proprio.

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