31 agosto 2011

Qui nessuno è fesso...o forse sì?


A Napoli, lo sappiamo bene, ci sono problemi con l'immondizia. Problemi di discariche e di soldi che hanno impedito alla città di raccogliere l'immondizia. Problemi risolti, in parte, a suon di milioni e di regole che permettono di spostare l'immondizia in deroga alle leggi vigenti.

Negli ultimi mesi la Campania ha escogitato la soluzione di esportare rifiuti. Un pò se li prendono altre regioni italiane, un pò finiscono all'estero.

Ad esempio in Svezia, a Halmstad, dove (come risulta qui) via nave finiranno decine di migliaia di tonnellate di rifiuti campani.

La Campania pagherà 40 euro per tonnellata di rifiuti, gli svedesi incasseranno i soldi, selezioneranno i rifiuti separando la parte riciclabile dal resto, che finirà nell'inceneritore per produrre calore e energia elettrica, e abbasseranno, grazie agli introiti, del 20% le bollette dei loro cittadini.

Mica stupidi! Come se non bastasse se la ridono. Si domandano (vedi qui) perchè noi italiani siamo tanto fessi e non riusciamo a accettare un inceneritore.

30 agosto 2011

Einaudi e la Federazione Europea


Tratto da Luigi Einaudi, I problemi economici della federazione europea


Il disordine attuale delle unità monetarie in tutti i paesi del mondo, le difficoltà degli scambi derivanti dall’incertezza dei saggi di cambio tra un paese e l’altro e più dalla impossibilità di effettuare i cambi medesimi, hanno reso evidenti agli occhi di tutti il vantaggio che deriverebbe dall’adozione di un’unica unità monetaria in tutto il territorio della federazione. Il vantaggio del sistema non sarebbe solo di conteggio e di comodità nei pagamenti e nelle transazioni interstatali. Questo sarebbe piccolo in confronto di un altro di gran lunga superiore, che è l’abolizione della sovranità monetaria dei singoli Stati in materia monetaria. Chi ricorda il malo uso che molti Stati avevano fatto e fanno del diritto di battere moneta non può aver dubbio rispetto all’urgenza di togliere ad essi siffatto diritto. Esso si è ridotto, in sostanza, al diritto di falsificare la moneta, cioè al diritto di imporre ai popoli la peggiore delle imposte, peggiore perché inavvertita, gravante assai più sui poveri che sui ricchi, cagione di arricchimento per i pochi e di impoverimento per i più, lievito di malcontento per ogni classe contro ogni classe sociale e di disordine sociale. Se la federazione europea riuscirà a togliere ai singoli Stati federati la possibilità di far fronte alle opere pubbliche facendo gemere il torchio dei biglietti e li costringerà a provvedere unicamente con le imposte o con i prestiti volontari, avrà per ciò solo compiuto opera grande.”



Mi è capitato sottomano di recente e, vi dirò, l'ho trovato di grande ispirazione e lucidità, non trovate?

Vogliamo pagare di più!


Warren Buffett, un famoso speculatore ottantenne americano, diventato molto ricco grazie a azzeccati investimenti, ha spiegato che è ora di aumentare le imposte ai ricchi. Io, ha spiegato Buffett, grazie alle esenzioni fiscali di Bush pago una precentuale del mio reddito inferiore a quella dei miei dipendenti (vedi qui).
Sergio Marchionne preferisce la patrimoniale a un aumento dell'IVA (vedi qui) e a favore di imposte per i più ricchi si è schierato anche l'ex presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo e analoghe richieste si fanno in Francia e Germania (vedi qui).

Che sta succedendo?

Si possono formulare quattro ipotesi, due buone e due cattive.

La prima è che non è vero che l'uomo è egoista e non si comporta da perfetto individualista come suppongono gli ingenui sostenitori della scuola austriaca. Gli individui non sono tutti uguali e mentre alcuni sono individualisti e classisti, disprezzano il povero considerandolo colpevole del suo stato e odiano le imposte, che tolgono una parte della ricchezza per distribuirla a chi non è ricco, altri invece si rendono conto che l'aumento delle diseguaglianza economiche non è positiva, che i ricchi vivono bene anche se rinunciano a parte della propria ricchezza, che hanno a cuore il bene comune e non solo l'interesse personale.

La seconda ipotesi è che hanno studiato Einaudi, che da onesto liberale pensava che la libertà fosse tale solo se si parte tutti dallo stesso punto e quindi consigliava tasse sull'eredità capaci di ridurre le differenze tra le persone, evitando al figlio del ricco di competere con il figlio del povero partendo da una posizione di grande vantaggio.
La terza ipotesi è che i ricchi iniziano a pensare che si sta mettendo male. Cosa succederà se la situazione economica dovesse peggiorare? Cosa potrebbero decidere governi ostili ai ricchi? Meglio dunque pagare un pò adesso che molto in futuro.

Poi, se i sacrifici colpiscono i meno ricchi, diminuiscono i consumi. Le imprese ne risentono e con esse i patrimoni dei ricchi, i dividendi delle imprese e gli stipendi milionari dei manager. Dunque meglio evitare ulteriori problemi al consumatore e a se stessi, dando una mano a risollevare le sorti dell'economia.

La quarta è che i ricchi abbiano trovato una qualche scappatoia. Fanno il bel gesto di offrire soldi, ma mettono a disposizione solo parte della ricchezza, mentre il resto è al sicuro nei paradisi fiscali.

Qual è l'ipotesi vera?

Forse tutte e quattro. Dipende da luoghi, persone, culture, storie personali. Noi abbiamo un governo guidato da un super-egoista, da un ministro esperto in evasione e elusione e da un partito razzista. Come aspettarsi che accettino l'appello di chi chiede di aumentare le imposte ai ricchi?

29 agosto 2011

Friedman, Pinochet, i voucher e l'onestà intellettuale

Quando le indagini su Augusto Pinochet, accusato di aver fatto uccidere e torturare migliaia di persone, hanno svelato che l'ex dittatore cileno e i suoi famigliari avevano molti milioni di dollari su conti esteri, qualcuno dei suoi sostenitori ha finalmente capito di essersi sbagliato.

Avevano pensato per decenni che il generale avesse salvato il Cile dai comunisti, senza sospettare che dietro al regime militare si potessero nascondere odio di classe e interessi molto privati. Qualcuno aveva pure versato soldi al generale per pagare gli avvocati, pensando che Pinochet avesse problemi economici, come lui aveva raccontato.

Questa storia mi è venuta in mente dopo aver letto i commenti di un nostro affezionato (e poco educato...per questo i commenti sono stati rimossi) lettore che ha ripetutamente sostenuto che la scuola andrebbe gestita con il sistema dei voucher perché -come ha scritto oltre mezzo secolo fa un economista liberista, Milton Friedman- così si genera concorrenza e questo farebbe bene alla scuola.

Quando gli ho ricordato Naomi Klein, che nell'introduzione di Shock Economy spiega che Friedman ha incoraggiato l'uso dei voucher a New Orleans, dopo i danni provocati dall'uragano nel 2005, e che Bush ha colto l'occasione dell'uragano per finanziare scuole private che pagano peggio gli insegnanti e incassano profitti, dimenticando altre urgenze post-uragano la risposta è stata: ma non è possibile! (le parole esatte sono: negli USA non esiste un voucher system, impossibile quindi che si sia verificata una cosa del genere.....)

Ah, i (neo)liberisti.... se non esistessero bisognerebbe inventarli, perchè sono più divertenti di un comico (non a caso alle loro bizzarre tesi Galbraith dedicò un romanzo umoristico, Il professore di Harvard).

I voucher non esistono negli USA? Basterebbe avere la pazienza di cercare on-line per trovare siti come questo (clicca qui) che spiegano che siamo ormai al terzo anno di applicazione dei voucher (a state-funded school voucher program in New Orleans, is about to conclude its third year in operation) a New Orleans.

Dunque aveva ragione Naomi Klein. Come i sostenitori di Pinochet credevano nelle frottole del generale, il nostro lettore crede ciecamente all'economista preferito dal regime cileno, Milton Friedman.

Ma da buon seguace di Friedman, forse il nostro lettore mostra qualche problema di onestà intellettuale, come ha scritto Paul Krugman (vedi qui) per il vizietto dei neoliberisti a offrire sempre la solita soluzione (meno stato) anche quando la loro stessa analisi dimostra il contrario.

E' questo il marchio di fabbrica dei neo-ultraliberisti: sanno cosa vogliono e propongono sempre le stesse soluzioni, come un meteorologo che dicesse: piove? esci con l'ombrello. C'è il sole? esci con l'ombrello. C'è la nebbia? Esci di casa con l'ombrello in mano.

L'onestà intellettuale gli fa difetto perchè per loro non conta analizzare una situazione e poi trovare la soluzione. Conta applicare sempre e comunque la soluzione che gli sta a cuore. Poco importa dell'analisi del problema. Una giustificazione per arrivare alla soluzione preferita si trova sempre. Si ignorano i fatti o si accusa chi dà fastidio di essere un social-comunista inetto e per questo spaventato dal libero mercato e dalla concorrenza.

Ridicoli e per questo divertenti.

28 agosto 2011

Perchè serve l'euro: un esempio pratico


In questi giorni Fiat ha deciso di investire 550 milioni di euro per costruire una nuova Maserati nella fabbrica ex-Bertone a Grugliasco, alle porte di Torino.

L'investimento è possibile grazie alle garanzie offerte dal governo in tema di regole sul lavoro e sfutterà l'impianto dell'ex stabilimento Bertone, dove esiste un sofisticato impianto di verniciatura dell'alluminio quasi unico nel suo genere.

Resta in dubbio, invece, l'investimento nello stabilimento di Mirafiori, dove Fiat ha in programma di costruire auto con marchio Jeep destinate in parte a soddisfare la domanda europea e in parte maggiore a essere vendute negli USA.

Il dubbio è legato al tasso di cambio. Se il rapporto euro/dollaro cambia a favore dell'euro, c'è il rischio che i costi diventino troppo elevati, se espressi in dollari, rendendo sconvenienti le produzioni in Europa di beni destinati alla vendita negli USA.

Servirebbe al contrario una svalutazione dell'euro rispetto al dollaro. L'incertezza ostacola gli investimenti, spinge chi produce un bene a rinviare l'investimento o a investire sul continente americano, se il bene prodotto finisce sul mercato americano.

Un tasso di cambio fisso euro/dollaro risolverebbe ogni problema e il produttore preferirebbe il paese che offre le garanzie migliori o, più semplicemente, sceglierebbe il paese in cui ha a disposizione, come nel caso Fiat, risorse sottoutilizzate.

Dunque il ruolo dell'euro è chiaro: ha eliminato le incertezze legate al cambio tra i paesi che adottano l'euro. Non esistono incertezze come quelle che stanno frenando gli investimenti di Fiat in Italia per produrre Jeep, investimenti assai importanti in un contesto economico debole.

24 agosto 2011

Difendere i ricchi con argomenti debolissimi


Alberto Mingardi è uno dei principali esponenti dell'Istituto Leoni (IBL), un'associazione (di cui avevo scritto qui) che diffonde idee ultraliberiste magari facendo credere siano verità economiche incontestabili.

Cosa pensano quelli dell'IBL della manovra?

Naturalmente non sono favorevoli al cosiddetto contributo di solidarietà e preferiscono l'aumento dell'IVA che, come ho spiegato ieri, colpisce i redditi bassi più di quelli elevati.

Fin qui nulla di strano. Sono di destra, sono ultraliberisti, sostengono i ricchi contro i poveri: cosa ci dovrebbe stupire?

Stupisce la totale mancanza di motivazioni serie ovvero motivazioni che indicano una modesta conoscenza dell'economia, grave per chi scrive ogni giorno di economia.

Un esempio l'ha fornito ieri Mingardi, uno dei principali esponenti dell'IBL, considerato da qualcuno un pensatore brillante e competente.

In questo breve articolo l'esponente di IBL spiega anzitutto che la miglior tassa è quella che non modifica il comportamento. Un punto di vista assai conservatore che si cerca di offrire come verità assoluta (non si scrive "secondo me").

Ma basta poco per capire che è un'idea debolissima. Le imposte possono essere usate per cercare di spingere i consumatori o le imprese a risparmiare l'uso di risorse scarse o a produrre meno inquinanti, o a tenere comportamenti meno dannosi per la salute (pensiamo alle imposte sul tabacco).

Se fosse vero che l'imposta migliore è quella che non modifica i comportamenti, ovremmo pensare che agli ultraliberisti non importa dell'ambiente o della salute e preferirebbero che le sigarette o la benzina o tutto ciò che inquina venissero tassati come un paio di scarpe o una cena al ristorante.

Poi prosegue con una affermazione che fa rizzare i capelli: una patrimoniale colpirebbe il risparmio, cui segue l'osservazione che senza risparmio non c'è investimento.

Sembra che occorra che i cittadini risparmiano perchè il risparmio diventa investimento.

Basterebbe sfogliare qualche libro di economia per sapere che l'imprenditore investe se si aspetta che l'investimento offra guadagni interessanti e un business in crescita. Altrimenti non investe. Vale per il singolo e per l'economia nel suo complesso (principio dell'acceleratore). Pensare che il risparmio diventi investimento è come pensare che la farina si trasformi in pasta senza spiegare il perchè.

Il risparmio diventa per forza investimento. Si possono ad esempio comprare titoli di stato. Se gli italiani risparmiano il 10% del PIL ma devono finanziare un deficit pari al 3% del PIL, i soldi disponibili per gli investimenti sono pari al 7% del PIL. Se una patrimoniale diminuisce il risparmio al 7% del PIL ma annulla il deficit, i capitali disponibili per gli investimenti sono il 7% del PIL. La patrimoniale dunque non cambia nulla.

Inoltre l'idea che la patrimoniale riduca il risparmio e quindi gli investimenti è debole perchè il risparmiatore italiano non è obbligato a investire in Italia. Gli investimenti in Italia non si devono per forza finanziare con capitali italiani. Se il i risparmio degli italiani diminuisce ma ci sono buone occasioni di investimento, arriveranno capitali stranieri.

Mingardi però dà il meglio di sè quando parla di IVA. Ritiene che un aumento dell'IVA anzichè funzionare come imposta regressiva (che colpisce di più, in proporzione al reddito, chi guadagna di meno) come spiega qualunque manuale di scienza delle finanze, diventa progressiva, perchè i ricchi consumano, in termini assoluti, più dei poveri. Se uno studente al primo anno di economia dicesse una cosa del genere un buon professore gli consiglierebbe di cambiare mestiere.

Infine l'aumento dell'IVA va bene, per l'esponente di IBL, perchè anonima, vale a dire perchè "non discrimina fra contribuenti, non fa la spia. Ecco perché si presta male al gioco della «caccia al ricco». Agire sull'Iva proprio per questo motivo non piace ai politici: e tuttavia sarebbe la più sensata fra le alternative a disposizione".

E' tutto chiaro. Lo spiego per chi non l'avesse capito: quel che conta per l'esponente del think tank ultraliberista è difendere i ricchi, nasconderli alla vista di chi fatica a arrivare a fine mese, e, soprattutto, evitargli di pagare maggiori imposte, lasciandoli liberi di risparmiare di più, con l'illusione che in una economia che non cresce i risparmi come per miracolo diventino investimenti che rilanciano l'economia.

23 agosto 2011

Come fregare la povera gente, come al solito


Pare che il governo stia pensando di eliminare il cosiddetto contributo di solidarietà, ovvero un'addizionale alle aliquote IRE (un tempo IRPEF) previsti al 5% per la parte che eccede i 90.000 euro e al 10% per la parte eccedente i 150.000.

Si trattava di una scelta contestabile, visto che l'addizionale scatterebbe per redditi superiori a quelli dichiarati (in media) dalle categorie sospettate di evadere le imposte. Ma è meglio chiedere qualcosa ai ricchi che nulla.

Quando Berlusconi ha annunciato l'addizionale aveva la faccia di uno a cui il medico ha appena spiegato che non gli resta molto da vivere, anzi deve sbrigarsi a far testamento. Ha spiegato che lui aveva promesso meno tasse per tutti, ma che le circostanze lo portavano a fare il contrario.

Casini ha criticato il contributo di solidarietà spiegando che chi guadagna oltre 90.000 euro rappresenta il ceto medio e che paga regolarmente. Forse è vero che paga, ma dire che chi guadagna magari 100.000 euro rappresenta il ceto medio è affermazione grave, che dimostra quanto certi politici siano lontani dalla realtà della gente comune.

Comunque sia, pare che nel governo in molti spingano per cancellare la proposta di addizionale, sostituita da un aumento dell'IVA dell'1% sia per l'aliquota del 10% che per quella al 20%.

Un aumento dell'imposta sui consumi che colpisce tutti, e in particolare i più poveri che spendono per intero il loro stipendio o pensione.

Tremonti non vuole l'aumento dell'IVA, ma non per tutelare chi guadagna in un anno poche migliaia di euro. No, la ragione è diversa. Tremonti teme che aumenti l'inflazione. Forse non ricorda che alla fine degli anni '90 l'IVA è passata dal 19 al 20% con effetti minimi sull'inflazione. L'aumento è stato pagato dai commercianti, dalle imprese preoccupate di perdere i clienti.

Tremonti invece teme l'inflazione. Come mai? Perchè non sa cos'è successo una decina di anni fa oppure perchè sa che quando lui è al ministero dell'economia imprese e commercianti non si fanno scrupoli a aumentare i prezzi?


20 agosto 2011

Corruzione diffusa ma legale


Quando parliamo di corruzione (o concussione)* pensiamo al funzionario che riceve soldi da un imprenditore in cambio di una variante al piano regolatore o al politico pagato per assegnare un appalto. La corruzione costerebbe 60-70 miliardi l'anno e distorce la concorrenza sui mercati.

Ma non è la sola forma di corruzione (e concussione) che interessa l'Italia. Esiste una corruzione palese, esplicita e legale, più distorsiva e più costosa: è la corruzione dei tanti microinteressi che puntano a ottenere qualcosa dalla politica in cambio del voto.

Venerdì si sono manifestati due interessanti episodi di questa corruzione diffusa.

Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha spiegato che i numeri dell'evasione in Italia sono impressionanti, ma anche che lo stato non deve tagliare la spesa militare (vedi qui). Mandiamo i soldati a morire in Afghanistan? Ma no, che volete che sia... sono lì per garantire i diritti umani. Ci costano un miliardo l'anno (Emergency in Afghanistan spende 4,5 milioni e cura centinaia di migliaia di persone gratuitamente) più diversi morti, considerati eroi, ma Bagnasco sostiene lo spreco.

In tempi di nuove imposte e tagli alle spese qualche giornale (vedi qui) sta ricordando i vari benefici ricevuti dalla Chiesa sotto forma di aiuti vari e, soprattutto, di esenzioni fiscali. Così Vittorio Feltri su Il Giormale (vedi qui) minimizza e spiega che la Chiesa paga.

Altro episodio: Casini ci spiega che la manovra è iniqua perchè il contributo di solidarietà colpisce il ceto medio, vale a dire chi guadagna oltre 90.000 euro l'anno.

Ceto medio chi con un reddito di 100.000 euro sarebbe chiamato a pagare 1000 euro in più? L'abolizione del contributo di solidarietà farebbe felice Casini e i suoi elettori ma costerebbe 3,8 miliardi di minori entrate.

Casini poi chiede di non dimezzare i parlamentari ma pensare alle province anche se si risparmierebbe solo 300-400 milioni dei 12 miliardi annui spesi dalle province.

Insomma ognuno coltiva il proprio elettorato o meglio cerca di acquistarne il consenso a colpi di denaro, offerto o non incassato.

I contrasti legati alla manovra derivano da una diffusissima microcorruzione legale. Quella del piccolo contributo dato all'associazione, delle esenzioni fiscali concesse a pioggia, della possibilità di detrarre spese improbabili per la maggioranza degli italiani, dei militari che vanno in Afghanistan e rischiano la vita ma se se la cavano tornano a casa con molti soldi in più in busta paga e possono comprarsi casa, del piccolo commerciante che dichiara la metà del reddito effettivamente incassata e oltre la metà dell'imposta da versare e così via.

Questa è la vera corruzione che pervade l'Italia, interessa milioni di cittadini, è perfettamente legale e spiega sia il formarsi dei deficit e del debito pubblico sia i tanti nervosismi dei politici al momento di intervenire -per disperazione- sui conti pubblici.

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* per semplicità diciamo solo corruzione

19 agosto 2011

Spesa pubblica e illusioni liberiste

Per i liberisti i problemi di finanza pubblica si risolvono solo con tagli alla spesa, che permettono di ridurre l'imposizione fiscale, strada maestra, a loro avviso, per far funzionare meglio l'economia.

Si possono immaginare, nel mondo reale, tagli alle spese rilevanti, portando la pressione fiscale ad esempio al 33%, livello considerato "giusto" dal liberista (quando se ne ricorda) Berlusconi?

Facciamo un pò di chiarezza sulla spesa dello Stato, partendo da questo documento dell'UPI, l'unione delle province italiane.

La spesa pubblica complessiva è risultata pari, nel 2010, a 807 miliardi di euro, vale a dire il 52% circa del PIL che ammonta a circa 1550 miliardi di euro.

Stato spendaccione? Non proprio, perchè la spesa previdenziale, vale a dire le pensioni, assorbe 298 miliardi, vale a dire poco più del 19% del PIL.

Dei restanti 509 miliardi, poi, 72 servono a pagare gli interessi sul debito.

Scuola, sanità, giustizia, forze armate, politici, porti e strade, ecc. costano ai cittadini 437 miliardi, pari al 28% del PIL.

Di questi, 114 miliardi finanziano la sanità, ovvero sono trasferiti alle regioni che li spendono per pagare la sanità. Altri 140 finiscono agli enti locali così divisi: 56 alle Regioni, 73 ai Comuni e 12 alle Province.

Il governo gestisce direttamente 182 miliardi, meno del 12% del PIL, con cui si finanziano la scuola, le forze armate, la giustizia, gli organi costituzionali, i ministeri, le politiche industriali e energetiche e così via.

Ora immaginiamo di voler abbassare la pressione fiscale al 33%. Lo stato dovrebbe spendere circa 510 miliardi, 300 in meno di quelli spesi nel 2010.
300 miliardi equivalgono alla somma spesa in pensioni, oppure alla somma spesa per sanità, scuola, giustizia, per far funzionare tutti i ministeri, pagare tutti i politici, le forze dell'ordine, le forze armate, i musei, e tutte le altre spese gestite dal governo.

Dunque la ricetta liberista è illusoria. Anche solo una riduzione del 5% della pressione fiscale, dal 43% circa attuale al 38%, realizzato solo con i tagli richiederebbe risparmi di circa 75-80 miliardi, che equivalgono a circa il 70% della spesa sanitaria o al 25% della spesa pensionistica. Tagli impossibili.

Inutile poi illudersi che si possano risolvere i problemi di finanza pubblica individuando una sola voce di spesa e di spreco da tagliare.

Un taglio limitato, del 2% del PIL allo scopo di realizzare il pareggio di bilancio significa tagliare oltre 30 miliardi, quasi 3 volte la spesa delle province, quasi il doppio della spesa militare che ammonta a 18,3 miliardi, oppure oltre la metà della spesa per l'istruzione (si veda qui la composizione delle diverse voci della spesa pubblica).

Ecco allora spiegati i tagli lineari di Tremonti, i tanti provvedimenti di riduzione della spesa e di aumento delle entrate che fanno storcere il naso ai politici che temono di perdere consenso.

Infine i dati veri spingono a chiedersi: se in Italia la pressione fiscale è attorno al 42-43% del PIL (ed è superiore in altri paesi europei dove ci si avvicina al 50% del PIL) e non è facile ridurre le spese, come immaginare a uno stato con una pressione fiscale molto più bassa?

C'è il trucco: basta usare come punto di riferimento un paese, come gli USA, in cui almeno in parte pensioni e sanità (ma anche altri servizi) sono pagate da fondi privati.

I liberisti confrontano mele (un paese con pensioni e sanità pubblica) e pere (un paese con pensioni e sanità in buona parte private) concludendo che la spesa pubblica è eccessiva e illudendo che si possa ridurre.

Se sanità e pensioni non fossero gestite dallo stato, lo stato spenderebbe la metà ma non garantirebbe maggiori benefici al cittadino, mentre sarebbero certi i vantaggi per le assicurazioni chiamate a gestire un business pari a 4 volte il fatturato di una multinazionale come l'ENI, ovvero oltre 400 miliardi di euro l'anno. E forse è proprio questo l'obiettivo dei liberisti: spingere fuori dal settore pubblico un pezzo di spesa pubblica, la cui gestione garantirebbe a qualche privato rilevanti profitti.

17 agosto 2011

Colpi di sole

In questi giorni si parla moltissimo di economia, visto l'andamento delle borse e la manovra del governo per raggiungere il pareggio di bilancio. E non mancano le castronerie. Ecco alcune che mi è capitato di sentire:

1 - "gli italiani sono molto ricchi. C'è gente con 10, 20 e anche 30.000 euro. Dopo la tassa sul deposito titoli in molti mi hanno chiamato per sapere cosa ne sarà dei loro soldi."

Ricchi con 10.000 euro??? Non oso immaginare a quanto ammonti il saldo (certamente negativo) del giornalista de Il Tempo, giornale romano noto per l'atteggiamento "leccaculista" verso Berlusconi, ma certo la ricchezza è un'altra cosa


2 - "quali sono i problemi della borsa? c'è molta liquidità in giro quindi....quindi c'è il rischio di una ripresa dell'inflazione"

Eh?? parliamo di borsa che sale e scende come un trenino sulle montagne russe e mentre il giornalista invita l'economista (dell'università Bocconi) a suggerire un modo per ridurre la volatilità delle borse, lui che fa? spiega che non gliene importa dei titoli che perdono il 10% in un giorno: la sua preoccupazione è che l'inflazione possa risalire magari dell'un per cento in un anno. Senza parole.

3 - "c'è il rischio che l'inflazione salga se l'economia non si riprende"

La frase, pronunciata dalla corrispondente del Tg3 negli USA, dimostra l'ignoranza economica dei giornalisti: l'inflazione sale se l'economia funziona, se si compra molto. Se l'economia langue, l'inflazione non fa paura.

4 - "la crisi non era prevedibile" ha detto Giulio Tremonti. Che tre anni fa (vedi qui) diceva che la crisi era stata prevista. Gli avranno rotto, nel frattempo, la palla di vetro? Speriamo che prima o poi smetta di romperle a noi.

5 - "il contributo di solidarietà è negativo perché colpisce chi guadagna oltre 150.000 euro, gente che consuma".

Invece chi riceve una pensione da 700 euro al mese forse non consuma?

12 agosto 2011

Per fortuna c'è Silvio perché se fosse per i comunisti signoraggisti...


Mi è capitato di vedere su RaiNews un'intervista a Marco Ferrando, leader del Partito Comunista dei Lavoratori, impegnato a protestare davanti alla sede del governo.

Che cosa volete? ha chiesto il giornalista.

Lui ha spiegato che vuole un governo dalla parte dei lavoratori e che il problema principale è il debito pubblico, i cui titoli sono detenuti, secondo Ferrando, che crede alle teorie sul signoraggio, in buona misura dalla banche.

Per risolvere il problema lo stato dovrebbe nazionalizzare le banche, cacciare gli azionisti a cui non andrebbe alcun rimborso a meno che siano piccoli azionisti, e quindi annullare il debito pubblico detenuto dalle banche. In caso contrario il peso del debito continuerà a cadere sulla gente normale.

Di far pagare i ricchi, proprio non interessa al leader del PCLI. Per fortuna c'è Silvio che a furia di fare pasticci ha ricevuto un ultimatum dalla BCE e adesso aumenterà l'imposta sui redditi più elevati, perchè se fosse per i comunisti signoraggisti, come Ferrando, non succederebbe.

Deliri costituzionali: riguardo l'articolo 41 e la libertà d'impresa

Ritorno sull'argomento Economia e Costituzione, per evidenziare le sparate, ormai offensive dell'intelligenza umana, che siamo costretti a sentire dall'attuale (ex) governo italiano.
Oltre a quanto ho già scritto qui, circa la riforma dell'articolo 81, in contemporanea è stata proposta anche una modifica all'articolo 41, in nome della libertà d'impresa. Considerando che le imprese in questo paese si fondano liberamente (con un po' di burocrazia, che non è mai stata ridotta da alcun governo), questo sentore di assenza di libertà fa quantomeno sorridere.
Vediamo, prima di effettuare qualsiasi considerazione nel merito, cosa dice l'articolo 41:

L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

La prima considerazione personale è che questo articolo è stato scritto così bene e dalla portata così generale (utilità sociale) e al tempo stesso con limitazioni precise (danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana) che qualsiasi modifica potrebbe portare solo ad un peggioramento. Il metodo di scrittura di una Costituzione richiede grandi capacità di sintesi e semplicità, per poter dire molto con poche parole.
La maggiore preoccupazione è dovuta proprio al progetto che hanno in mente i cari curatori fallimentari al governo, che si possono rintracciare ad esempio qui, e che riporto come estratto

Illustrando le liberalizzazioni Tremonti ha detto che la modifica dell'articolo 41 è uno dei «pilastri» fondamentali. «Per l'economia privata, la modifica dell'articolo 41 è la madre di tutte le liberalizzazione, prevenendo che tutto è libero tranne cioè che vietato»...

Si deduce che, nelle intenzioni di Tremonti & Co. c'è la volontà di liberalizzare anche attività che contrastino con l'utilità sociale o che rechino danni alla salute, alla sicurezza ed alla dignità delle persone, pur di avere attività produttive, in quanto la colpa della mancata crescita di questo paese andrebbe attribuita a questo singolo articolo (che si limita a porre un requisito minimo oltre cui non andare mai), e non ai suoi governanti. Vi sembra sensato?

10 agosto 2011

La misura del disastro di Tremonti & C.




Ormai è certo: sugli italiani sta per abbattersi una stangata, frutto di un "accordo" tra il governo italiano da una parte e BCE sotto la regia di Germania e Francia dall'altra.

La BCE interviene per comprare titoli e evita nuove emissioni di titoli a tassi elevati e il governo Berlusconi si impegna a raggiungere il pareggio di bilancio nel più breve tempo possibile.

Questo è l'accordo o meglio l'imposizione dell'Europa al nostro governo. Si possono criticare i contenuti della manovra, si può sperare che colpisca più qualcuno e meno altri, ma una cosa è certa: per mettere a posto i conti servono diverse decine di miliardi di euro tra maggiori entrate e minori spese.

Ora, sembra sempre che l'Italia sia un malato cronico, uno stato che da sempre spende più di quanto incassa. Ma non è vero. La destra ha fatto leva su spese e entrate per realizzare i suoi obiettivi politici peggiorando costantemente i conti pubblici italiani nell'era di Berlusconi.

I conti pubblici italiani risentono della spesa per interessi, che è elevata perché il debito è enorme. Ma la spesa per interessi è in pratica indipendente dalle scelte del governo, invece responsabile di entrate e spese, al netto degli interessi e del relativo saldo chiamato avanzo primario se le entrate superano le uscite (interessi esclusi) e disavanzo primario nel caso contrario in cui le entrate non coprano le spese al netto degli interessi.

Se si valutano i governi usando come metro l'avanzo/disavanzo primario, appare chiaro il disastro combinato da Tremonti e dalla destra, in particolare nell'ultimo decennio.

L'immagine all'inizio del post mostra l'andamento dell'avanzo (disavanzo, se negativo) primario nell'ultimo decennio. La linea tratteggiata scende durante i governi Berlusconi (2001-2006 e 2008-oggi) e risale solo nel breve intervallo del governo Prodi (2006-2008).

Con Prodi i saldi sono migliorati in modo sensibile fin dagli anni '90. Nel 1996, quando viene eletto il professore bolognere, il saldo primario è negativo per 71.020 miliardi di lire. L'anno dopo il saldo negativo scende a 3871 miliardi e nel 1998 si assiste ad un avanzo primario di 5105 miliardi di lire. I saldi positivi migliorano negli anni successivi fino a superare il 5% del PIL nel 2000, come mostra l'immagine.

Nel 2001 arriva Berlusconi e l'avanzo è di circa il 2% del PIL, complice la crisi iniziata l'anno prima. Due anni più tardi, nel 2003, l'avanzo è scomparso e lo si rivede solo quando, nel 2006, torna Prodi. Nel 2008 tornano Berlusconi e il disavanzo.

Colpiscono anche i rettangolini blu, che misurano la dimensione delle entrate una tantum. E' soprattutto Tremonti a ricorrere a entrate temporanee.

Il quadro è chiaro: dal 2001 i governi targati Berlusconi hanno peggiorato costantemente i conti pubblici facendo crescere il debito pubblico più rapidamente e puntando molto, in tema di entrate, sulle imposte una tantum, destinate poi a lasciare buchi nei bilanci statali.

Ma soprattutto emerge un dato che dovrebbe far riflettere in un momento in cui si stanno per imporre sacrifici importanti: se i governi Berlusconi avessero puntato a mantenere un avanzo primario e magari a incrementarlo lentamente nel corso degli anni, oggi il bilancio dello Stato sarebbe in pareggio e il debito pubblico sarebbe decisamente più basso e non servirebbe una manovra che probabilmente soffocherà una crescita già modesta.

08 agosto 2011

Una giornata di ordinaria follia

Venerdì sera Stardard&Poors ha declassato il debito USA che non gode più della tripla A, indice di grande solvibilità.

Sabato i cinesi hanno tuonato "vogliamo garanzie" criticando lo scontro politico negli USA che ha causato il downgrade.

Domenica Trichet ha chiesto e ottenuto da Germania e Francia il consenso per comprare titoli di stato italiani e spagnoli, provocando una reazione positiva, nella mattinata di lunedì, dei mercati azionari poi crollati sotto il peso delle notizie che arrivavano dagli USA, dove l'indice delle 500 aziende più grandi ha perso il 6,6%.

Tuttavia l'andamento delle azioni in Italia non è stato omogeneo: le banche hanno recuperato parte delle le perdite delle sedute precedenti, mentre le azioni di aziende industriali come Fiat e Pirelli sono crollate quasi del 10%.

Sembra tutto irrazionale ma una spiegazione c'è: i mercati temono una nuova recessione, scatenata dall'assurdo accordo politico americano tra una sinistra debole e una destra intenzionata a evitare aumenti delle imposte. Le parole di Obama lunedì hanno confermato i problemi politici e che l'economia americana richiede altri interventi.

Così mentre il Dow Jones perde oltre il 5%, i titoli di stato USA offrono un rendimento bassissimo, inferiore allo 0,25%. In alcuni momenti il rendimento di alcuni titoli di stato americani è diventato addirittura negativo: l'eccesso di domanda di titoli ha fatto salire il prezzo a livelli tali che la differenza (negativa per chi compra) tra il prezzo di acquisto e il valore nominale del titolo supera l'interesse pagato dal titolo, e il rendimento diventa negativo.

Si spiega così il paradosso di una borsa italiana a due velocità: le banche in positivo e i titoli industriali fortemente negativi. La BCE compra titoli di stato, i bond americani sono diventati un bene rifugio al punto che il loro rendimento è pari a zero, Greenspan dice che gli USA possono emettere tutti i titoli che vogliono perchè possono stampare dollari a piacimento. I rendimenti dei titoli pubblici diminuiscono, smentendo di fatto il giudizio negativo di S&P, e questo favorisce le banche che hanno comprato grandi quantità di titoli pubblici, mentre le prospettive negative per l'economia affondano i titoli industriali.

Ma perchè all'improvviso sembra crollare tutto? Non si sapeva un mese fa che l'economia reale era a rischio?

Ci sono due spiegazioni, forse entrambe vere: la prima è che forse assistiamo a un duro attacco speculativo, che fa leva sui timori e sull'instabilità dei mercati.

La seconda è che chi investe si è reso conto che dalla situazione attuale si esce solo in un modo: con un forte aumento delle imposte.

I tagli alla spesa pubblica fanno crollare le aspettative di utili e con essi il valore delle azioni perchè le prospettive macroeconomiche peggiorano e si rischia una nuova pesante recessione.

E quindi non resta che l'aumento delle imposte, a cui però imprese e mercati finanziari sono solitamente allergici.

Un omicidio e gli sprechi della casta


Salvatore Parolisi è un militare accusato di aver ucciso la moglie forse perchè lei aveva scoperto qualcosa sulla vita della caserma in cui prestava servizio.

Una caserma che, leggendo i giornali, pare fosse il luogo in cui si faceva di tutto eccetto che addestrare il personale militare. E poi addestrarlo per cosa?

Forse per formare generali così attenti alle forme da criticare il ministro Larussa reo di aver partecipato a una cerimonia senza l'abito giusto (vedi qui)?

Quando si leggono certe notizie si capisce che la professione militare ormai non ha più nulla da spartire con la difesa della patria.

E' dunque ragionevole, in tempo di crisi chiedersi come ridimensionare la spesa militare per raggiungere il pareggio di bilancio imposto all'Italia dai partner europei. Non mancano infatti gli sprechi, le spese inutili in un paese che non fa una guerra dal 1945.

Come ci ricorda Emergency (vedi qui) si potrebbero risparmiare molti soldi.

3,6 miliardi entro il 2013 solo cancellando l'acquisto di aerei inutili. Poi altri 500 milioni rinunciando a due sommergibili e un pò di elicotteri. 800 milioni l'anno andandosene dall'Afghanistan (2,4 miliardi fino al 2013) dove ogni giorno le cose vanno peggio e ormai più di 40 italiani sono morti.

Dunque 6,5 miliardi in tre anni, a cui si potrebbero aggiungere altri tagli importanti: non solo ci sono centinaia di generali con i benefits dei politici (auto, autista, ecc) ma sono soprattutto le pensioni a essere scandalose.

Un militare (e in Italia tra Carabinieri, GdF e militari in senso stretto sono oltre 200.000) va in pensione a 50 anni con il 100% dell'ultimo stipendio.

Se ogni anno andasse in pensione il 3% dei militari, ovvero almeno 6500 persone e si assumessero altri 6500 uomini ognuno dei quali costasse allo stato 2000 euro mensili per 13 mensilità, si spenderebbero 170 milioni l'anno. Soldi che si potrebbero risparmiare allungando di un anno l'età della pensione. E ancora maggiori sarebbero i risparmi se i pensionati militari fossero trattati come qualsiasi dipendente pubblico.

Esiste dunque una casta, la casta militare, che costa molto più di quella dei politici e a cui pochi badano. Perchè 200.000 voti, che facilmente diventano (almeno) 1 milione considerando i parenti e i fans, fanno gola ai politici, che preferiscono farsi massacrare sui giornali con l'elenco dei loro privilegi piuttosto che metter mano ai privilegi di un nutrito gruppo di loro elettori.


05 agosto 2011

La minestra riscaldata di Silvio & Giulio nell'Italia commissariata


Mercoledì il governo ha incontrato le parti sociali, sindacati e imprese, da cuiarrivava la richiesta di interventi per rendere più credibile l'Italia sui mercati finanziari.
Il rischio è che lo spread, cioè la differenza tra il rendimento dei titoli di stato tedeschi e il rendimento di quelli italiani, salga alle stelle costringendo il governo a emettere titoli che pagheranno tassi elevati, con un conseguente aggravio dei costi per lo stato.

Dopo l'intervento ottimista di Berlusconi, i mercati sono precipitati. Certo non è solo colpa sua, ma la figuraccia se l'è andata a cercare, visto che tutti erano concordi su un punto: mercoledì Berlusconi poteva dire qualunque cosa ma non che in Italia va tutto bene. Come invece ha fatto.

Così oggi, 48 ore dopo l'infelice incontro con le parti sociali, Berlusconi ha riunito il governo e ha preso alcune "importanti" decisioni che, nelle intenzioni, dovrebbero dare maggiore credibilità al paese.

Di cosa si tratta?

I pilastri portanti sono quattro, ha spiegato Giulio Tremonti.

Primo, si anticiperà la manovra al 2013, e questo è il solo fatto positivo, anche se molti hanno evidenziato il carattere recessivo.

Secondo, si vuole introdurre una modifica nella Costituzione che impedirà -se mai sarà approvata- i deficit di bilancio, introducendo una rigidità assurda, perché una spesa improvvisa (provocata da un terremoto, da una crisi economica, da un'impennata inattesa dei tassi di interesse o da qualsiasi altro evento) non potrebbe aver luogo senza aumentare le imposte.

E questa è probabilmente la vera ragione della proposta di modifica costituzionale: rendere impopolare la spesa pubblica facendo in modo che ad ogni aumento delle spese sia necessario far corrispondere un aumento delle imposte.

Un vecchio cavallo di battaglia dei conservatori americani che non produrrà alcun effetto positivo per l'economia.

Terzo, la riforma dell'articolo 41 della Costituzione per permette qualsiasi attività economica non espressamente vietata. Anche qui nulla di nuovo. E' una vecchia proposta, approvata dal consiglio dei ministri a febbraio e abbondantemente criticata. Ma soprattutto è una proposta che avrà un impatto nullo o quasi sull'economia. Sempre che si trasformi davvero in una riforma costituzionale. Per ora dopo sei mesi una cosa è certa: il governo ripropone la solita minestra riscaldata.

Infine la quarta proposta è la riforma dello statuto dei lavoratori.

Tito Boeri ha chiesto al ministro Sacconi in cosa consiste la riforma e Sacconi ha risposto che il testo era presente nel sito del suo ministero.

Dove in effetti si parla di una legge delega presentata da Sacconi 9 mesi fa, nel novembre 2010. Si chiede al Parlamento di delegare il governo all'elaborazione di una riforma di cui non si sa nulla. Perchè i due articoli elencano una serie di obiettivi molto generici che la riforma dovrebbe realizzare.

Insomma, un'altra minestra riscaldata, una proposta ferma da mesi venduta come nuova, e pure pericolosa, perché quando si parla di riforme delle regole del lavoro, se i lavoratori sentono puzza di fregatura (e Sacconi non è certo un amico di sindacati come la CGIL), lavorano peggio, protestano, si comportano come se il datore di lavoro fosse un nemico da combattere.

Se questa è la risposta alle critiche, non ci resta che sperare che prevalga il Berlusconi ridicolo, da tutti considerato inaffidabile: molto meglio se non lo ascoltano, se non gli credono.

PS: a quanto pare Berlusconi si è mosso su pressione dei governi stranieri. Di fatto non decide più nulla. E' stato commissariato da Obama e dall'Europa che hanno chiesto di modificare le scelte italiane in cambio dell'acquisto di titoli italiani allo scopo di far scendere i rendimenti

La ricetta per far crollare le borse. E guadagnarci


Prendete un pessimo accordo sul debito USA con la destra repubblicana che non concesso nulla all'odiatissimo presidente non-WASP, aggiungete il disastro di una manovra italiana che rinvia i sacrifici e quindi un bilancio pubblico più sostenibile al 2014, la disoccupazione spagnola elevatissima, le banche irlandesi salvate con un massiccio intervento del governo, il declassamento del Portogallo e il fallimento -di fatto- della Grecia che per i prossimi decenni potrà contare solo sui capitali offerti da UE e FMI e infine condite il tutto con la debolezza di Trichet e le disastrose politiche dell'asse franco-tedesco, dominato da una coppia (Sarkosy e Merkel) di conservatori che pensano prima ai propri elettori e dopo (molto dopo) agli interessi europei, e avrete la ricetta perfetta per far crollare le borse.
Grassetto
Perchè?

Perchè con le politiche economiche dei governi conservatori che puntano su tagli e imposte che gravano in prevalenza sui ceti meno abbienti, la crescita dell'economia diventa un miraggio.

Prendete Obama. Non può fare nulla per aumentare le entrate. Vorrebbe solo eliminare gli sconti fiscali concessi da Bush, sconti che fanno sì che il gestore di un hedge fund che guadagna qualche milione paghi meno imposte, in percentuale, della sua segretaria. Ma non può e dovrà operare odiosi tagli alle spese sociali, a cominciare da quelle mediche.

Gli americani non ricchi saranno costretti a tagliare i consumi per garantirsi le cure mediche. E minori consumi significano meno crescita, con la conseguenza che il rapporto debito/PIL è destinato a salire, a meno di raggiungere il pareggio di bilancio e evitare che aumenti il debito.

Le prospettive di crescita modesta, a causa di politiche di destra che scaricano il peso delle correzioni di bilancio sui ceti meno abbienti, dunque sono la vera palla al piede dell'economia.

Chi teme l'insolvenza della Spagna, dell'Italia o di altri paesi, si libera dei titoli pubblici dei paesi a rischio. Lo fanno i tedeschi, certo non incoraggiati dai discorsi di Berlusconi, che contrappone al debito pubblico la ricchezza privata degli italiani: un accostamento senza senso, visto che un italiano per quanto ricco non è obbligato a comprare BOT italiani e neppure è spinto a farlo, come succedeva un tempo, quando le leggi limitavano le possibilità di esportare capitali e di acquistare titoli stranieri.

Così la speculazione ne approfitta per far crollare i mercati e poi ricomprare a prezzi di saldo le azioni. Finanziando con i ricchi guadagni qualche conservatore che, in cambio dei contributi elettorali, farà l'impossibile per garantire allo speculatore uno sconto fiscale di tutto rispetto.

Se gli speculatori non esagerano il gioco è perfetto e potrebbe durare a lungo.

04 agosto 2011

Di Pietro e il signoraggio

I politici sono servi dei banchieri come dicono i signoraggisti che citano il poeta con simpatie fasciste Pound?

Non proprio, se si legge il sito del principale produttore di frottole sul signoraggio. Che racconta (vedi qui) che i signoraggisti hanno scritto con Antonio Di Pietro l'interrogazione parlamentare sull'argomento come dimostra questo video in cui l'ex pubblico ministero prende accordi signoraggisti per preparere l'interrogazione parlamentare sul tema del signoraggio

I politici sono servi dei banchieri per i signoraggisti, ma poi per raccattare qualche voto in più si mettono a disposizione di qualche produttore di frottole.

03 agosto 2011

L'esempio viene dall'alto


Di tutta la faccenda di Tremonti e degli affitti della casa di Roma, voglio far notare solo un paio di fatti interessanti, derivanti da alcune affermazioni del ministro:

1. "ho fatto una stupidata ad andare in quella casa". Davvero signor ministro? E dov'è il contratto di affitto con Milanese, o meglio di subaffitto? Magari si scorda che ha inasprito le sanzioni sugli affitti in nero che i comuni mortali devono pagare se non registrano il contratto?

2. "ho pagato 4.000 Euro in contanti e non ci sono ipotesi di reato...". Ahahahahahahah.... parla colui che ha introdotto tutta la normativa antireciclaggio! Si, perchè la normativa prevede che i pagamenti oltre i 5.000 Euro debbano essere fatti tramite moneta elettronica. Per chi non lo sapesse, le banche sono tenute a tenere conto dei limiti di prelievo delle persone fisiche (circa 5.000 euro la settimana per 3 settimane consecutive)... guarda casa proprio 4.000 Euro al mese per un pagamento in nero in contanti

COme si dice in questi casi, come possono certi soggetti avere l'autorevolezza e la statura morale per costringere gli italiani a pagare le tasse... l'esempio viene dall'alto, ricordiamocelo sempre

01 agosto 2011

La credibilità (economica) de Il fatto quotidiano


Se si cerca in google "Alfa Romeo il Fatto Quotidiano" si trova un interessante articolo di gennaio (vedi qui) de Il Fatto Quotidiano che spiegava che Iveco e Alfa Romeo erano destinate a cambiare padrone. Era solo una questione di tempo, ma sembrava certo che i tedeschi avrebbero comprato i due marchi italiani.

A distanza di quasi sette mesi, sappiamo che non è successo e, probabilmente, non succederà, anche perchè ci sono diverse difficoltà a vendere una casa automobilistica come Alfa Romeo, visto che la produzione di auto col marchio meneghino non avviene in stabilimenti dedicati, che si possono vendere da un giorno all'altro, ma si realizza in stabilimenti Fiat, dove le stesse catene di montaggio sfornano modelli Fiat e Lancia oltre che Alfa.

Il Fatto, poi, non si chiede le ragioni di un'ipotetica vendita. Perchè Fiat dovrebbe rinunciare a un marchio prestigioso? Se è per finanziarsi, possiamo essere quasi certi che la vendita non ci sarà, perchè Marchionne negli ultimi mesi ha trovato i soldi (e molti) per restituire al governo americano i soldi ricevuti in prestito e per comprare altre quote di Chrysler.

Nè ci si domanda come Fiat, senza Alfa Romeo, potrebbe sfruttare il segmento assai redditizio delle auto lussuose e sportive.

Sarebbero bastate poche domande per capire che la notizia della vendita certa di Alfa Romeo era quanto meno dubbia e che una vendita era sì possibile ma solo a certe condizioni di difficile realizzazione.

Dunque un articolo di tema economico che non offre credibilità al Fatto Quotidiano, che non ne acquista con quest'altro articolo sulla Freemont di Luca Telese, che ha abbandonato i temi a lui cari per scrivere diverse inesattezze sull'auto. E finire travolto dalle critiche, peraltro ignorate visto che il vero obiettivo di Telese non era scrivere di auto ma di descrivere un'Italia pessima, di cui Fiat fa parte.

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