29 gennaio 2011

Il Cairo e Davos


Da qualche settimana il nord Africa sta andando a fuoco. Le rivolte hanno incendiato Tunisia e Egitto. Ben Alì, il presidente-dittatore tunisino è fuggito e in questi giorni è in pericolo il regime di Mubarak, mentre in paesi di solito tranquilli come la Giordania non mancano le proteste.

Le rivolte sono all'insegna dell'economia. Chi si è ribellato in Tunisia ha spiegato che il dittatore e la moglie controllavano gran parte delle attività economiche della Tunisia, oltre a reprimere le voci contrarie.

Basta poco infatti in una dittatura per mettere le attività economiche in mano a pochi. Una legge che impone autorizzazioni per aprire attività con regole burocratiche soffocanti e il gioco è fatto. Chi controlla il potere politico autorizza o nega l'apertura di imprese di grandi dimensioni, accede al credito, gestisce gli affari lucrosi, direttamente o tramite amici e parenti.

Gli altri, se vogliono entrare a far parte del giro giusto pagano tangenti e corrono il rischio di perdere tutto se non si alleano col potere.

Alla popolazione non resta che accettare un lavoro mal pagato, una piccola attività libera con cui si può appena sopravvivere (non a caso la rivolta egiziana è iniziata dalle vicende di un diplomato che faceva il venditore ambulante) o la scelta di fuggire all'estero.

Le disuguaglianze diventano ancora più ampie in caso di crisi economica. I redditi diminuiscono e aumentano i prezzi di alcuni generi di prima necessità, specie se i governi tagliano gli aiuti ai poveri, che permettono di vendere sottocosto tali beni. Le speranze in un futuro migliore svaniscono e scoppiano le rivolte.

La fame, la povertà, la mancanza di prospettive per il futuro sono le conseguenze di un'economia con diseguaglianze insopportabili.

Anche nelle ovattate stanze di Davos se ne stanno accorgendo, come spiega su repubblica.it Federico Rampini (vedi qui). La ricchezza esagerata gomito a gomito con una povertà estrema produce distorsioni. La democrazia lascia il posto all'oligarchia e le crisi sono più pesanti.

Sembra che anche i ricchi, anzi gli straricchi, si rendano conto che le disuguaglianze sono un problema di tutti. Se qualcuno avesse speso qualche ora del suo tempo a leggere un libro come La misura dell'anima (vedi qui) l'avrebbe capito da tempo.

Ma i super-ricchi preferiscono altro. Il bunga bunga o i circoli di golf. E l'illusione che nulla di quel che accade altrove li riguardi. A meno che i disperati inizino a prendersela con loro.

3 commenti:

  1. "La misura dell'anima" è in assoluto il primo libro in lista compere non appena termino la mia tesi di laurea. Grazie Gian.

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  2. la cosa + sorprendente del libro è la constatazione che in una società diseguale vivono peggio e di meno anche i + ricchi

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  3. Interessante ed impressionante vedere come il governo egiziano ha così tanta paura di Internet da "disattivarla completamente", come lo segnala Paolo Attivissimo.
    I pochi che fanno circolare i files usano connessioni dial-up (vecchio tipo). Qui alcune foto: http://totallycoolpix.com/2011/01/the-egypt-protests/

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