17 gennaio 2011

PIL, ancora ...

Torniamo sul tema del PIL per spiegare cos'è davvero, cosa misura e cosa non misura

Il PIL può essere definito in più modi. Il più semplice dice che il PIL misura il valore della produzione finale del paese.

Perchè finale? Perchè esistono beni e servizi “intermedi” che non si considerano nel calcolo del PIL. Escono da una fabbrica e sono usati in un'altra per produrre un altro bene.

Cosa si intende per produzione? Si intende la creazione di nuovi beni e servizi destinati a soddisfare i bisogni umani impiegando lavoro, capitale, capacità imprenditoriali, vale a dire fattori produttivi remunerati.

Il PIL dunque non misura una serie di attività non remunerate, come cucinare per se stessi, per i famigliari o gli amici, o pulire casa.

Se si devono produrre nuovi beni e/o servizi, non rientrano nel PIL i guadagni e le perdite in conto capitale. Se un'azione o un terreno acquista valore, il PIL non cambia perchè non si producono nuovi beni e/o servizi.

Attività illegali come il contrabbando, il gioco d'azzardo o la prostituzione sono considerate attività produttive, se il cliente acquista liberamente i beni e i servizi (illeciti). Il problema semmai è disporre di dati certi circa il valore delle attività illecite, in mancanza dei quali le attività illecite o non sono calcolate o sono stimate in modo approssimativo. Chi lo dice? Un libro di economia: “molte transazioni economiche che passano attraverso il mercato sfuggono non solo alla legge ma anche alla misurazione”.

Non sono attività produttive i furti, le rapine, le truffe e in genere tutto ciò che genera il trasferimento non volontario di ricchezza, come succede anche nei sequestri di persona.


Alcuni prodotti rientrano nel PIL anche se non si verifica un pagamento. Un'eccezione alla regola, che interessa i beni e i servizi destinati da un'impresa all'auto-consumo, all'auto-investimento e alla remunerazione in natura del dipendente. Se una famiglia di agricoltori consuma ciò che produce, siamo in presenza di auto-consumo: il valore della merce prodotta e consumata si calcola considerando il prezzo di cessione della merce. Lo stesso accade con un prodotto ceduto al dipendente: l'imprenditore deve conteggiare il valore del bene ceduto al dipendente nel valore complessivo dei beni e servizi prodotti.

Anche la pubblica amministrazione offre servizi (scuola, sanità, giustizia, polizia ecc) per ottenere i quali non si paga un prezzo di mercato. I ricavi per lo stato consistono in contributi (si pensi alle tasse universitarie o al ticket per gli esami medici) e imposte che coprono i costi. Il contributo al PIL della pubblica amministrazione i calcola semplicemente sommando i costi: in gergo si dice che il PIL della pubblica amministrazione è calcolato “al costo dei fattori” produttivi.


Come si calcola in concreto il PIL del settore privato? Il PIL per il settore privato è la somma dei valori aggiunti delle aziende che operano in un certo territorio. Ma cos'è il valore aggiunto?

E' il valore che l'impresa aggiunge ai beni e servizi che acquista, trasforma e impiega quando produce un bene o un servizio. L'impresa acquista beni (materie prime, semilavorati) e servizi (come elettricità, servizi telefonici) e vende il prodotto finito. La differenza di valore (prodotto finito meno valore dei beni e servizi impiegati) è valore aggiunto e corrisponde alla somma che spesa dall'impresa per pagare il lavoro, gli interessi, gli utili e l'ammortamento delle attrezzature impiegate nella produzione.

Pertanto si può calcolare il valore aggiunto in due modi: come differenza tra il valore del prodotto venduto e il costo di beni e servizi usati nella produzione oppure come somma delle remunerazioni del lavoro, del capitale impiegato e della capacità di fare impresa.

Chi critica l'uso del PIL si lancia in considerazioni particolari. Affrontiamone alcune.

Il PIL è un indice del benessere?Anche su questo tema i manuali di economia sono chiari: i “dati del PIL sono purtroppo lontani dall'essere un indicatore perfetto del prodotto e del benessere economico”. Un esempio è rappresentato dal volontariato: il servizio reso dalle associazioni di volontariato non è scambiato sul mercato e quindi non è preso in considerazione dal PIL, mentre aumenta il benessere di riceve il servizio.

I limiti derivanti dall'uso del PIL hanno spinto gli economisti a elaborare altri indici per misurare dati esclusi dal PIL. Non c'è un solo indice che comprende tutto. I dati sono troppo poco omogenei perchè si possa elaborare un solo indice che sarebbe soggettivo: a quanta parte del nostro reddito siamo disposti a rinunciare in cambio di un ambiente migliore? La risposta non può che essere diversa da persona a persona e un indice che mettesse insieme dati eterogenei risentirebbe delle scelte soggettive di chi crea l'indice, come succede con le statistiche del Sole 24 ore (vedi qui)


Perchè se un terremoto distrugge le case il PIL sale?

Perchè si devono costruire nuove case e, quando ciò avviene, aumenta la produzione di nuovi beni. Il PIL invece non misura la ricchezza accumulata e distrutta dal sisma, che pertanto non comporta un calo del PIL.

Se compro una torta anzichè cucinarla in casa il PIL aumenta?
Sì, se si produce una torta in più. Facciamo attenzione a non confondere il consumo con la produzione. Il PIL non aumenta se si consuma di più, ma se si produce di più.

Se il PIL della pubblica amministrazione si calcola al costo dei fattori, un aumento degli impiegati statali fa salire il PIL?

Sì, perchè aumentano i costi della pubblica amministrazione. Ma aumentano le imposte e si riduce la domanda e quindi la produzione (il PIL) in altri settori.

E che dire di un aumento del PIL a spese dell'ambiente? Questi dati "non sono tenuti in considerazione nel computo del PIL". L'assenza di certi dati in un indicatore così semplice porta gli economisti a dire che "il PIL reale non è del tutto adeguato come strumento di misura dei beni e servizi prodotti nel sistema economico". E neanche il benessere è misurato in modo adeguato.

Cosa succede se aumentano le attività illegali? Come abbiamo visto, chi ruba o estorce denaro non crea nuovi beni o servizi. Ma spende il denaro ottenuto illegalmente. L'effetto sul PIL è per lo meno dubbio. Da un lato chi spende soldi fa crescere la produzione, dall'altro si riduce la capacità di spesa di chi subisce un furto o un'estorsione. E una minore spesa significa minore produzione di beni e servizi.

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Tutte le citazioni virgolettate provengono da Dornbusch, Fischer, Macroeconomia, Il Mulino, 1985, pag.49

2 commenti:

  1. Il Dornbusch -Fischer è il libro su cui ho dato Economia politica II...

    Concordo pienamente sull'analisi. Il problema vero è che poi le decisioni di politica economica si prendono sul PIL.
    Faccio un esempio.
    Alcuni giorni fa ho letto che le donne italiane sono tra le più inoccupate d'Europa. Eppure queste donne non è che se ne stiano tutto il giorno a pancia all'aria, anzi, crescono i figli, badano alla casa, cucinano e puliscono, in un insostituibile e prezioso lavoro quotidiano.
    Però questo lavoro non entra nel PIL.
    L'articolo sosteneva che se le donne lavorassero ci sarebbe sicuramente un incremento del PIL.
    Vero, verissimo, perché quelle stesse donne dovrebbero avvalersi di donne delle pulizie, baby sitter, cibi pronti e preparati.
    Ma in concreto cosa cambierebbe?
    Assolutamente nulla!
    Le cose fatte sarebbero le stesse, solo che in un caso sarebbero misurate dal PIL, nell'altro no.

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  2. anch'io, stesso esame e stesso libro. Un classico...

    in realtà non penso che non cambierebbe nulla

    a prescindere da considerazioni di contabilità nazionale, se una persona lavora e paga la baby sitter c'è da pensare che spenda di meno di quanto guadagna lavorando e quindi ottiene un guadagno netto

    la baby sitter (o chiunque lavori) ottiene soldi che spende come meglio crede. Se non lavorasse potrebbe fare altre cose, ma non è detto che otterrebbe lo stesso livello di benessere. Puoi coltivare l'orto se hai + tempo libero e procurarti alimenti che altrimenti dovresti comprare o puoi cucinare cibi che altrimenti compreresti, ma difficilmente puoi fabbricare da solo altri beni (pensiamo ai vestiti) mentre altri ancora non potresti proprio costruirteli (un'auto, un televisore, un frigorifero)

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