13 marzo 2011

L'eredità di Keynes

Il mio primo manuale di economia definiva l'economia come la disciplina che studia cosa si produce, come si produce e per chi si produce. Adotttava il punto di vista dell'azienda, che offre beni e servizi per soddisfare una domanda che l'impresa non può modificare facilmente.

La singola impresa può offrire prodotti più competitivi, sottrarre clienti ai concorrenti, diminuire i costi ecc ma non influenza la domanda, se non in modo marginale.

Il punto di vista "aziendale" ha influenzato le scelte degli economisti, che per molto tempo hanno trascurato la domanda, convinti che dipendesse dall'offerta e che difficilmente potesse diminuire al punto da provocare crisi economiche prolungate.

La legge di Say, elaborata a inizio ottocento spiegava che la domanda si adegua sempre all'offerta.

Say osserva che in un'economia basata sul baratto, chi produce un bene e non lo consuma, non vede l'ora di scambiarlo con un altro bene, che vuole consumare. L'offerta determina la domanda che perciò non può scendere troppo, garantendo che l'economia non subisca crisi violente. Inoltre Say considerava la moneta una merce che si scambia con altre merci.

Più di un secolo dopo, il protrarsi della crisi del 1929 ha spazzato via la legge di Say: le imprese offrivano beni e servizi, ma la domanda era insufficiente.

Keynes ha spiegato che la domanda non dipende dall'offerta, che la moneta non è una merce da barattare con altre merci, e che, specie nei momenti di incertezza, non si corre a spendere i soldi.

Grazie a Keynes, la domanda aggregata è diventata oggetto di studio, e si è posta in relazione la domanda aggregata con il reddito e le scelte di consumo delle persone.

Grazie a Keynes si è compreso che se la domanda è debole, le imprese non investono e non creano nuova occupazione e che una crisi può aggravarsi, richiedendo misure drastiche, compreso il ricorso al debito, per frenare la caduta dell'economia e rilanciare la domanda e l'occupazione.

Keynes ha avuto il merito di aver offerto un nuovo punto di vista da cui osservare l'economia.
Al punto di vista dell'impresa che offre beni e servizi, si è affiancato il punto di vista dello stato e dei lavoratori, ognuno con proprie esigenze.

Keynes ha messo al centro dell'economia il tema dell'occupazione, ha criticato le riparazioni di guerra imposte alla Prussia sconfitta nella prima guerra mondiale ed ha fatto parte della delegazione britannica a Bretton Woods. Avrebbe voluto diritti di prelievo più consistenti, per rendere più stabile il sistema, ma ha perso, sconfitto dagli americani poco inclini a limitare gli interessi privati.

E ha lasciato un forte insegnamento alle generazioni successive di economisti: l'economia non può essere ridotta allo studio e alla difesa degli interessi di imprese e privati cittadini, ma è una disciplina a più ampio respiro che può anzi deve occuparsi di tutti gli aspetti economici della vita e degli interessi di tutti.

Ben altro dall'opinione, diffusa da chi non gradisce Keynes e considera l'economia una disciplina al servizio degli interessi privati, secondo cui "keynesiano" è chi predica un costante aumento della spesa e del debito pubblico.

32 commenti:

  1. Speravo che la nuova crisi facesse riscoprire le teorie di Keynes a questi neo-liberisti ciechi...Invece non sembra..

    Altra teoria economica progressista e secondo me molto interessante è quella di Muhammad Yunus, non il micro-credito (che comunque secondo me è un'ottima cosa), ma delle imprese sociali.
    Cioè imprese orientate a risolvere un problema sociale invece che al profitto, (in Bangladesh ha realizzato molti progetti del genere con multinazionali importanti, tipo la Danone con la quale produce yougurt integrato con vitamine e proteine a prezzi accessibili per i bambini più poveri, finanziando questi prezzi bassi per i poveri vendendo a prezzi più alti per i ricchi, ma anche altri con altre multinazionali).
    Imprese che si finanzierebbero inizialmente con varie donazioni o con sovvenzioni statali o con investimenti privati (come quello della Danone di cui parlavo prima ecc), ma poi gli investitori potrebbero solamente riprendersi il capitale investito, l'impresa sarebbe auto-sufficiente (a differenza delle ONG), e non redistribuirebbe dividendi, investirebbe ciò che guadagna nel miglioramento dell'azione sociale o delle condizioni di vita dei lavoratori.
    A me sembra interessante e negli ultimi suoi 2 libri ne parla tantissimo dando un sacco di idee interessanti a riguardo, secondo me un'idea molto interessante

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  2. non si tratta di teorie, tant'è che ha vinto il Nobel per la pace e non quello per l'economia.

    Yunus fa il banchiere, solo che si rivolge a un pezzo di economia che di solito le banche ignorano perchè le cifre richieste sono minime

    qualcuno però ha calcolato che i microprestiti di Yunus avvengono a tassi da usura e non mancano le critiche a Yunus, a come impiega i fondi ecc

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  3. tu parli del micro-credito, lì non ci sono particolari teorie economiche, ma io mi riferivo alle imprese sociali come Grameen-Danone, Grameen-Adidas o altre.
    Il nobel per la pace riguarda il micro-credito, le imprese sociali le ha fatte dopo, la prima nel 2005 con la Danone.
    Le critiche le devo ancora leggere attentamente, quando le conoscerò bene le confronterò con i suoi libri e mi farò un'idea.
    Però ci credo poco perchè se tanta gente che prima era in mano agli strozzini si rivolge a lui, significherà che darà condizioni migliori.
    Poi vidi un filmato di un'associazione francese che promuove il micro-credito e c'erano testimonianze di gente che è riuscita a aprire una propria attività ecc
    Nel suo ultimo libro ha scritto che recentemente Grameen ha aperto una filiale a New York e sembra ne vogliano aprire altri in altri Stati americani, ora non credo che negli USA permettano l'usura legalmente...
    Comunque, quando leggerò per bene le critiche mi farò un'idea migliore al riguardo, può darsi benissimo che abbiano ragione i critici, però io per ora mi fido abbastanza. Ma io non parlavo del micro-credito, la proposta più interessante secondo me è quella del business sociale.

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  4. leggi per esempio http://dariovese.blogspot.com/2010/12/yunus-e-i-suoi-musei.html

    comunque sia non credo abbia inventato nulla di nuovo... da noi si chiama commercio equo e solidale e consiste in accordi per produrre certi beni nei paesi in via di sviluppo e pagarli più di quando si pagherebbe altrimenti, retribuendo meglio i lavoratori...

    le aziende in europa con la scusa dell'equo e solidale vendono un prodotto a prezzi + elevati e solo una parte del maggior prezzo finisce nelle tasche del produttore. La parte del leone la fanno le aziende europee che intascano gran parte del maggior prezzo

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  5. Lo leggerò con calma, però un pò sono scettico per i motivi che ti ho detto, poi lessi anche che lui avrebbe risposto molte volte a queste accuse pubblicando cose ecc anche quello è bene guardarlo.
    Quello che lui chiama business sociale comunque è un pò diverso dal commercio equo e solidale, perchè nel commercio equo e solidale c'è comunque la dimensione del profitto, nelle imprese sociali non ci sarebbe nessun dividendo, poi non si basano sul commercio di Paesi ricchi con Paesi poveri, semplicemente sono imprese che producono un bene o un servizio che aiuti i poveri o che aiuti a risolvere qualcun problema sociale.
    Non sempre per finanziarsi ricorrono a far pagare di più i ricchi e meno i poveri, a volte già il fatto di non ricercare un profitto o di avere degli sgravi fiscali per esempio può permettere di tenere i prezzi più bassi o di aumentare le retribuzioni.
    Ma comunque lui stesso propone organi di controllo statali che vigilino che l'azienda veramente non intaschi niente.
    "La parte del leone la fanno le aziende europee che intascano gran parte del maggior prezzo"
    Questo non sarebbe riconosciuto business sociale ad esempio

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  6. Ti cito quello che ha risposto lui in un'intervista a Roma a riguardo:

    "Il "commercio equo e solidale" è parte del "social business"?

    Dipende da cosa intendiamo per "commercio equo e solidale".
    A volte le persone utilizzano una formula dietro cui fanno quello che si è sempre fatto. Il "commercio equo" genera "utile"? In questo caso non rientra nella mia definizione di "business sociale", che non prevede profitto personale.

    http://www.atma-o-jibon.org/italiano4/rit_springhetti10.htm

    In questo sito hanno anche pubblicato ciò che Grameen Bank risponde alle accuse:

    http://www.valori.it/italian/news.php?idnews=3057

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  7. Ciao a tutti, sono contento di quel che dite di Keynes. E' da li che si dovrebbe ripartire.

    Il commercio potrà essere equo e solidale il giorno in cui la gente sarà in maggioranza più che cristiana.

    Qualcuno mi spiega come mai il valore dello Yen cresce a causa del bel disastro e nonostante immettano montagne di denaro fresco?

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  8. perchè i capitali tornano in giappone per investimenti nel paese o perchèsi pensa che la ricostruzione creerà profitti e allora si investe in aziende giapponesi

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  9. mi par giusto, le disgrazie e le guerre sono fatti tipicamente Keynesiani.

    Quindi hanno fatto benissimo ad immettere liquidità, così frenano lo yen e si mettono in tasca i soldi per la ricostruzione.

    Vuoi mo' vedere che fra un po' il Gippone va in espansione?

    Ma, mi domando, se è cosa furba stampar soldi per tamponare i buchi bancari e per i disastri naturali, perchè non stamparli per CAMBIARE MODELLO DI SVILUPPO?

    Ciao
    Gino

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  10. perchè si preferisce evitare un'impennata dell'inflazione..

    il giappone ha un problema cronico di carenza di domanda, come rischia di averlo la Cina, dove il governo sta cercando di affrontare la situazione prima che l'esaurirsi dei vantaggi competitivi si traduca in eccesso di produzione

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  11. La Cina sembra che stia facendo molto per aumentare la domanda interna, io penso che questo potrebbe essere molto positivo anche per l'evoluzione politica del Paese.
    Voglio dire: è certo che in Cina c'è un regime con una casta politica che si aggrappa al potere e ai privilegi e che pur di rinunciare ad essi sarebbe capace di fare qualsiasi crimine, però era così anche in Spagna durante il franchismo.
    Lo sviluppo economico secondo me può portare nuove richieste di libertà sempre più forti.
    In un Paese sviluppato c'è molta più istruzione e quindi consapevolezza dei propri diritti che in un Paese di contadini poverissimi e analfabeti.
    In un Paese sviluppato c'è bisogno di una comunità intellettuale e soprattutto scientifica che traini il progresso, ma che di solito non vuole lavorare sotto censura o sotto i ricatti di un regime.
    In un Paese sviluppato ci sarà molto più contatto con l'estero, (imprese straniere, viaggi turistici di cinesi all'estero ecc).
    Molti emigrati cinesi tornerebbero e portarebbero dall'Europa o dagli USA l'esperienza di democrazia e diritti umani.
    Poi anche nella vita di tutti i giorni la gente si abituerebbe ad avere più libertà, poter comprare un prodotto invece di un altro, vestirsi in un modo anzichè in un altro ecc
    Tutte cose che in una società di operai super-sfruttati o contadini poverissimi, non si conoscono, non sono abituati a fare scelte, vivono per lavorare cercando di mettere insieme il pranzo con la cena.

    Per questo io penso che finora, basando l'economia solo sulle esportazioni, il regime è riuscito a tenere a sottomettere il popolo.
    Ma se davvero la Cina dovesse, come sembra interessata a fare negli ultimi anni, crearsi una classe media forte e numerosa e una domanda interna solida per non dipendere solo dalle esportazioni, riuscirebbe ancora a sottomettere facilmente i cittadini?

    In Spagna lo sviluppo economico e l'apertura all'Europa occidentale ed agli USA fecero sviluppare nuove domande di sviluppo e progresso sociale. Nel '77 l'enorme maggioranza degli spagnoli votò per la democrazia, (anche se votarono solo gli uomini), e nel '78 il 95% degli spagnoli, (per la prima volta anche le donne), votò la Costituzione democratica.
    In pratica le varie fazioni interne al regime alla fine si sfaldarono e diedero vita a vari partiti, (oltre a quelli clandestini che furono riammessi, come comunisti e socialisti).

    Certo la Spagna aveva un contorno più favorevole, la Cina sta in mezzo al terzo mondo, ma chissà che un giorno i cinesi non comincino a prendere ad esempio giapponesi o sudcoreani...Secondo me lo sviluppo porta a questo, per quanto si impegnino i regimi.

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  12. perchè si preferisce evitare un'impennata dell'inflazione..

    Si Gian, ma io mi sono spiegato male:

    se si è disposti a generare inflazione per rimediare ad un disastro atomico che trova la sua ragione nella scarsità di petrolio, perchè non andare alla radice del problema e stampare soldi per finanziare la ricerca di energia alternativa e spingere la gente ad un "nuovo modello di sviluppo"?

    Ma non è la scarsità energetica che causa guerre che costano poi montagne di soldi?

    Soldi nella ricerca sarebbero meno "keynesiane" delle in bombe intelligenti?

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  13. ti sei spiegato bene: non credo siano disposti a generare inflazione per... In Giappone c'è da sempre una forte carenza di domanda e quindi i pericoli inflativi sono pochi

    creare inflazione equivale a fare pagare + imposte: ma chi è disposto a pagare + imposte?

    Secondo me le ragioni delle guerre sono complesse e non sempre razionali. Anzi la guerra in Iraq oltre a essere costata (tra costi vari, anche futuri) 3000 miliardi di dollari (come sostiene Stiglitz..e d'altro canto la spesa per i reduci di guerra negli USA è enorme) ha provocato effetti disastrosi sulla produzione di petrolio. Se quello era lo scopo, sarebbe stato meglio lasciare Saddam dov'era e limitarsi a comprare il petrolio

    Le ragioni delle guerre probabilmente sono altre, ma si nasconde la stupidità di personaggi come Bush jr con queste "nobili" ragioni.

    Allo stesso modo gli USA avrebbero risparmiato un sacco di soldi se solo avessero comprato case con i soldi pubblici invece di lasciare che scoppiasse il disastro dei mutui subprime. Ma l'intelligenza non abita a Washington specie con alcuni presidenti

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  14. Nel secondo libro di Naomi Klein "Shock Economy", viene descritta molta bene la guerra in Iraq e utilizzando molte fonti.
    Un buon libro secondo me, e il capitolo sulla guerra in Iraq mi sembra quello curato nella maniera migliore e più dettagliata.
    Se non ricordo male lei parlava di grandissimo peso sulle finanze pubbliche, ma di privatizzazione e svendita alle imprese occidentali, (soprattutto americane), di circa 200 aziende pubbliche irachene (diverse delle quali suppongo nel settore petrolifero), in molti casi a uomini d'affari compagni di merende di Bush o di altri personaggi del suo governo.
    Credo che questo era il motivo principale che spinse alla guerra il governo di Washington dove mancava tanto l'intelligenza quanto qualsiasi barlume di valore morale

    La Klein fa notare anche come gli imprenditori iracheni non si siano beccati nemmeno un sub-sub-sub-appalto, niente. E quindi avrebbero finanziato la guerriglia per semplice logica aziendale: più riuscivano a rendere insicuro per gli occidentali investire in Iraq, più probabilità avevano di prendersi una fetta della torta.

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  15. Caro Gian durante la guerra in Iraq mi pare che il debito pubblico USA sia parecchio cresciuto.

    Veramente non ti pare che se avessero speso quei soldi per cercare fonti energetiche alternative al petrolio e se le avessero trovate oggi non staremmo assai meglio?

    E se anche non avessero trovato una nuova fonte energetica, la spesa relativa non sarebbe stata più proficua di quella guerresca?

    E non trovi che anche il sapere che il petrolio non è sostituibile a medio termine non indurrebbe la gente a comportamenti più prudenti?

    Ti ricordi cosa dicevano prima della guerra a proposito dell'energia nucleare? Dicevano che sarebbero occorsi 20-30 anni per cavarci qualcosa, ma poi, quando Hitler gli ha messo un po' di pepe hanno fatto la bomba in due anni !!!

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  16. Mi sa che hai frainteso l'intervento di gian, lui penso che dicesse proprio che fu una guerra stupida e irrazionale dovuta a ragioni più complesse che per il petrolio, dicendo che infatti se il motivo fosse stato quella, era meglio lasciare Saddam dov'era.
    Almeno io l'ho capito così.

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  17. x Gino,

    certo che staremmo meglio... ma non mi pare di aver parlato di questo... io penso che sarebbe meglio non spendere neppure un euro in guerre e che se qualcuno ha il petrolio, noi dobbiamo solo comprarlo, evitando altri pasticci che complicano la vita e sono costosi

    C'è anche chi ha argomentato che le guerre in zone petrolifere le hanno volute le compagnie petrolifere USA perchè solo facendo salire il prezzo del petrolio è, per loro, conveniente estrarre petrolio nei giacimenti più costosi come quelli in Texas o nel golfo del Messico

    L'impennata del petroio poi può far salire il valore di borsa delle compagnie e quindi chi provoca una guerra può guadagnare in poco tempo molti soldi e usarne parte per finanziare la politica che decide le guerre

    fare una boma è cosa diversa dallo sfruttare un'energia. La bomba all'idrogeno esiste da decenni, ma non sfruttiamo la fusione dell'idrogeno per creare energia

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  18. X Gian e Wx

    Non riesco proprio a spiegarmi.

    Il deficit spending di Keynes (persona che qui avete giustamente apprezzato) è stato recentemente usato per tappare le cazzate dei banchieri americani (onde evitare guai anche peggiori) e per predisporsi a rimediare al casino tsunami-nucleare nipponico.

    Io vi ho domandato perchè mai non si usa il deficit spending (in situazioni di risorse inutilizzate e di modeste tensioni inflazionistiche) per cercare nuove fonti energetiche o, almeno, per verificare che che a breve non ce ne siano onde regolarsi di conseguenza.

    Non è questione di bomba-energia.
    Prima di fare la bomba dicevano sarebbero occorsi decenni, ma la fifa (e i soldi) hanno consentito di accelerare enormemente i tempi.

    Questo non vuol dire che una soluzione (tipo fusione nucleare) esista. Anzi! Purtroppo molti pensano che quando sarà finito il petrolio gli "scienziati" troveranno una soluzione. Questo perchè "finora" è sempre successo così.

    Ma questo non è affatto garantito.

    Quante civiltà sono scomparse? Egiziani, Maya, Romani ...

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  19. gino... io scrivo un articolo per spiegare che keynes non vuol dire deficit spending...e tu che fai?

    non credo ci siano poi tante risorse inutilizzate e modeste tensioni inflazionistiche: le aziende corrono a ridimensionare gli impianti non appena c'è una crisi e a licenziare i dipendenti, preferendo produrre di meno guadagnandoci piuttosto che produrre tanto e guadagnare poco.

    Poi concordo con te che occorre investire molto nella ricerca di nuove fonti o per rinnovare quel che c'è: pensiamo al teleriscaldamento con cui si aumentano i rendimenti (il metano produce calore che va nelle case e energia elettrica: il rendimento di una centrale aumenta e non si usa l'acqua dei fiumi o del mare per raffreddare le centrali, salvaguardando l'ambiente) o a sistemi + efficienti per produrre energia, ma anche al risparmio energetico (i tripli vetri fanno miracoli)

    Tutte cose che richiedono tempo (a TO per teleriscadare mezza città ci son voluti 20 anni) e soldi... difficile che succeda con chi vuole ridurre gli incentivi (vedi http://econoliberal.blogspot.com/2011/03/come-bruciare-120000-posti-di-lavoro.html) o aumenta altre spese (vedi http://econoliberal.blogspot.com/2011/01/cosa-ci-aspetta-nei-prossimi-anni.html)

    Come sempre le scelte non sono neutre ma le fanno i politici scegliendo in base alle loro preferenze

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  20. X Gian

    Se sicuro che Keynes non vuol dire deficit spending? Mi pare assai strano. Puo citarmi un di lui scritto in cui predica la quadratura di bilancio?

    Abbiamo risorse inutilizzate tutte le volte che c'è un impianto fermo, un disoccupato, uno che invece di produrre roba o servizi utili si gratta le palle o fa delle cazzate ...

    Nella mi tesi citai un francese del 700 (non ricordo il nome, ma se vuoi te lo cerco) che già scriveva che il problema non era produrre, "... mais le distribuser" o una roba del genere. In realtà allora era invece un problema ecco perchè Say non aveva torto del tutto.

    Ma i tempi cambiano e Keynes se ne accorse.

    Oggi però si dovrebbe capire (oltre alla necessità di un nuovo modello di sviluppo disegnato in funzione di ciò che si può ragionevolmente sperare in termini energetici)
    si dovrebbe capire, dicevo, che la moneta non è altro che una registrazione contabile (con quel che ne consegue).

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  21. anzittutto ti posso dire che cercando nell'indice della Teoria generale non si trova Keynes che parla di deficit spending nè la negazione di tale idea

    poi non si può pensare che le raccomandazioni di un economista serio si riducano ad un si o no ad una misura del genere.. il deficit spending è una misura "intermedia" come si dice in economia, cioè non è un fine ma un mezzo per raggiungere un altro fine, il sostegno della domanda e dell'occupazione

    nessun economista serio potrebbe dire: spendete in deficit o il contrario come se ciò fosse una misura di politica economica che va sempre bene. Keynes per primo.... In realtà lui sosteneva che in certe circostanze occorre sostenere domanda e occupazione con il ricorso al deficit e spiegava che la crisi tende a peggiorare da sola, se non si prendono provvedimenti. L'intervento pubblico serve a frenare questo trend e anche a cambiare le cose

    E detto questo la storia non è finita. Perchè lui proponeva il ricorso non a qualsiasi spesa pur di sostenere la domanda, ma proponeva di spendere per arricchire il patrimonio dello stato con la costruzione di infrastrutture che in seguito avrebbero aumentato il PIL e quindi anche le imposte incassate dallo stato

    poi se trovo qualche citazione te la riporto...

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  22. Io non sono un economista come gian, ne' sono uno studente di economia.
    Sto studiando trabajo social, "lavoro sociale", (non so come si chiami la corrispettiva laurea in italiano).
    Però ho dovuto dare poco tempo fa un esame, (e per fortuna il voto che mi è appena arrivato, è andato bene!), di "Sistemi di Stato Sociale".
    Quasi mi dispiace che sia finita sta materia, era interessantissima, parlava un pò in generale dei vari modelli di politiche sociali nei vari Paesi, (ovviamente approfondendo soprattutto il sistema spagnolo, però comparandolo sempre con gli altri).
    Scontato che la Svezia ed il "modello scandinavo" in generale viene puntualmente presentato come modello migliore in ogni campo (dalla sanità all'istruzione, ai servizi sociali ecc), in tutti i capitoli, mentre viene molto criticato il liberismo.
    Però c'era il primo capitolo introduttivo che parlava molto anche di Keynes e dell'influenza delle sue teorie economiche sulle politiche sociali, e per quanto ho capito io è vero che in tempo di crisi lo Stato deve intervenire nell'economia anche quando questo significa andare un pò in deficit, ma il tutto è finalizzato alla ripresa economica che in seguito dovrebbe far riscendere anche il deficit.
    Se uno Stato si indebita, ma lo fa creando sviluppo non è un grave problema perchè poi grazie a questo avrà le risorse per ripianare il debito, il problema è quando uno Stato si indebita senza creare sviluppo economico.
    Poi penso che Keynes era anche a favore di una politica fiscale forte sui redditi più alti proprio per finanziare l'intervento statale, non è che intervento significa per forza deficit.
    Almeno questo è quello che ho capito io di Keynes dal libro di sistemi di stato sociale , poi...

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  23. mi pare tu abbia capito molto bene

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  24. Caro Gian, non servono citazioni, ora siamo perfettamente d'accordo.

    Non credi quindi che indebitarsi per un'energia alternativa, oltre a generare occupazione, non darebbe una speranza di affrancarci dal petrolio e di tutto quello che ne consegue?

    E' vero che dimezzando i parlamentari, eliminando le provincie, gli enti inutili ecc. ecc. non ci sarebbe bisogno di stampare soldi, ma visto che lo si vuol fare...

    Ciao

    RispondiElimina
  25. credo sarebbe opportuno indebitarsi (perchè se la produzione di energia elettrica rende bene, il debito si ripaga da solo) ma soprattutto tagliare altre spese inutili (le spese militari sono le sole che aumentano) per finanziare invece le energie alternative e forme + efficienti di produzione e consumo di energia

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  26. Dunque, riporto una mia esperienza personale frutto di un seminario e di alcune lezioni di etica degli affari e csr, riguardanti anche il tema del microcredito.
    Ho letto che alcuni hanno parlato riguardo la critica di usura ricevuta da Yunus, in relazione al fatto che delle filiali della banca che ha fondato (poi perso, e poi di cui ha ripreso il controllo) aprano in paesi in cui l'usura è condannata per legge.
    Ebbene, è proprio il caso di dirlo, ma ci stiam perdendo in un bicchiere d'acqua. Le banche, prendiamo le nostrane, applicano già differenti tassi ed offrono una serie di offerte diverse a seconda di dove si trovino. Conosco banche di credito cooperativo che, per "aggredire" il mercato dei nuovi territori di frontiera dove aprono una nuova filiale (hanno regole a parte, su cui non mi dilungo), offrono pacchetti più vantaggiosi di quelli delle loro sedi storiche/istituzionali. Quindi, il principio secondo cui una banca è sempre uguale nelle sue offerte, che mi era sembrato un po' il presupposto del ragionamento, viene meno: Bangladesh e USA hanno leggi diverse, per cui ci saranno sicuramente delle variazioni.
    Ma veniamo al secondo punto, molto importante: le critiche di usura. L'usura, anche nel nostro paese, è fissata con legge (ergo può variare, tenute conto diverse variabili). Questa regola è, diciamo, universale: si va dagli stati islamici che impongono questo limite a 0 (proibizione), con rientri sotto forma di spese di commissione e altri "trucchi" (già inventati anche dai banchieri medioevali europei), a stati in cui la percentuale è fissata per legge (come da noi).
    In Bangladesh i clienti della Grameen sono quelli che, nel caso venissero finanziati da altre banche convenzionali, si vedrebbero appioppati un tasso del 30/35% di interesse, vista l'alta probabilità di non ritorno dell'investimento, anche se si parla di cifre basse (vero scoglio, più del tasso per noi mostruosamente usuraio). E' lampante che, in questo contesto, una banca che applichi percentuali attorno al 18% (quelli di qualche anno fa della Grameen, se non ricordo male), più una policy aziendale rivolta al target dei "non finanziabili", assume risvolti molto più accessibili (e appetibili) per il cittadino medio di quello stato. E' vero che, rispetto a noi un tasso del 18% può sembrare (e mi pare sia) usura allo stato puro. Ovviamente, se le altre banche, posto che concedano finanziamenti, chiederebbero quasi il doppio, allora viene meno la definizione di usura come la intendiamo nel nostro vocabolario giuridico.

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  27. "Grazie a Keynes si è compreso che se la domanda è debole, le imprese non investono e non creano nuova occupazione e che una crisi può aggravarsi, richiedendo misure drastiche, compreso il ricorso al debito, per frenare la caduta dell'economia e rilanciare la domanda e l'occupazione."

    sembra che parli ai detrattori di Marchionne dell'ultim'ora...

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    1. solo qualcuno l'ha compreso...

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    2. Beh, non per questo ci si deve adagiare nel farlo conoscere ^^"

      Elimina
  28. "Ben altro dall'opinione, diffusa da chi non gradisce Keynes e considera l'economia una disciplina al servizio degli interessi privati, secondo cui "keynesiano" è chi predica un costante aumento della spesa e del debito pubblico." cit.
    Io personalmente sono più per il libero mercato, Milton Friedman elogiava Keynes ( era inizialmente keynesiano), Hayek non lo ha mai sopportato, così come Mises in realtà.
    Trascendendo però cosa ne pensavano gli altri di Keynes, da quanto credo di aver capito dall'Università, probabilmente per morte relativamente prematura, non è stato del tutto capito, o comunque non è stato univocamente interpretato ( almeno a giudicare dallo spaccamento tra il Keynesismo, il Post-Keynesismo e il NeoKeynesismo), anche se però molte sue cose sono comunque rimaste ( ad esempio: il modello IS-LM, da Hicks e Kaldor, si basa anche sul modello della Croce Keynesiana, che a sua volta si basa su Keynes) --- non ha vinto il Nobel per l'economia ( perché istituito nel 68), però è stato candidato 2 volte al Nobel per la Pace

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