30 agosto 2013

Il debito pensionistico - 2

Cerchiamo adesso di capire perché il debito pensionistico è insidioso.

Come detto nel precedente post, quando nasce un sistema previdenziale lo Stato punta a dare una pensione a chi rischia di trovarsi senza mezzi di sussistenza. Si tratta, all'inizio, di poche persone, rispetto al numero di quanti lavorano.

Inoltre la vita dura poco e lo Stato calcola che la spesa per pagare le pensioni non sarà elevata. Così chiede ai lavoratori di pagare un contributo modesto. Tanti piccoli contributi servono a pagare un numero limitato di pensioni erogate per pochi anni.

Ma presto le cose cambiano: i lavoratori che pagano un contributo pensionistico, dopo qualche anno diventano pensionati. Il numero dei pensionati aumenta e la vita si allunga, facendo crescere la spesa pensionistica.

Se non aumenta altrettanto velocemente il numero dei lavoratori che pagano i contributi, non restano che due soluzioni.

La prima è aumentare le aliquote pagate dai lavoratori (o dal datore di lavoro). La seconda è ridurre le prestazioni pensionistiche.

Il debito pensionistico è dinamico. Si evolve con le leggi, che decidono a quale età si va in pensione e quale sarà l'importo della pensione, e con l'evoluzione del numero dei pensionati.

Con ipotesi realistiche sul numero dei pensionati futuri, prevedibili perchè si conoscono le dinamiche demografiche, gli economisti possono calcolare l'evoluzione futura del debito pensionistico.

Più alto è il debito in un dato momento, maggiore sono il numero di lavoratori e l'aliquota necessari a pagare le pensioni.

Per questo motivo possono essere necessari interventi, senza i quali si rischierebbe di non poter pagare le pensioni future o di poterlo fare solo pagando aliquote così elevate da rendere poco competitiva l'economia di una nazione.

Ma questo non è il solo modo di risolvere il problema del debito pensionistico. C'è un modo per prevenire un eccesso di debito.

Fin dal momento dell'introduzione di un sistema pensionistico i lavoratori dovrebbero versare contributi più elevati, legando i loro diritti pensionistici ai contributi versati. Oppure dovrebbero affiancare alla pensione statale un'altra pensione, che comporti l'accantonamento di contributi per un lungo periodo così da permettere di integrare in futuro una pensione pubblica più bassa, a cui corrisponderebbe un debito inferiore.






2 commenti:

  1. Sarebbe interessante un articolo nel quale si confronta il sistema italiano con quello di altre grandi nazioni europee (UK, Germania, Francia etc.). In Italia credo, abbiamo gli oneri pensionistici più elevati (9% carico lavoratore + 32%, compreso il TFR a carico dell'azienda) rendendo il costo del lavoratore dipendente altissimo e gli stipendi netti molto bassi. In Germania mi sembra che il contributo complessivo sia del 20% (10% dip. 10% azienda), in Inghilterra i contributi non vengono versati dall'azienda ed al limite esistono come benefit in alcuni contratti.
    Per limitare il costo del lavoro sono venute fuori i contratti precari e P.IVA creando di fatto cittadini di serie A e B. C'è da chiedersi inoltre se sia meglio avere più contante nel presente e godere di una pensione più magra in futuro, oppure convenga accantonare una buona cifra per godere di una buona pensione da vecchi.

    Saluti
    Arrigo

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  2. mi pare tu abbia già scritto tutto... alcuni temi mi pare di averli già trattati in questi articoli come il fatto che il francia o germania ci sono aliquote inferiori o che le aliquote troppo alte spingono a usare contratti non tradizionali

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