13 novembre 2010

Com'è cresciuta e come crescerà l'Italia


L'intervento di Draghi, di cui ha scritto William, pone una domanda: come è cresciuta l'economia italiana?

A grandi linee si possono individuare quattro periodi nella storia italiana del dopoguerra.

Il primo periodo inizia nel 1950 e dura fino alla metà degli anni '70. Finita la ricostruzione post-bellica, inizia un lungo periodo di profonda trasformazione dell'economia e della società italiana. Gli italiani lasciano le campagne e trovano lavoro in città, nelle fabbriche, in imprese che costruiscono strade, case, scuole, ospedali, mezzi di trasporto, mobili, elettrodomestici, producono energia e forniscono prodotti e servizi nuovi o riservati, prima della guerra, alle elite ricche.

Fiat, Montedison, Pirelli, Piaggio, Falck sono alcuni dei nomi delle grandi imprese del cosiddetto triangolo industriale o statali protagoniste di una crescita a tassi elevati, che ricordano quelli della Cina. A queste si aggiungono le imprese pubbliche (Eni e Enel, ad esempio) e le banche, quasi tutte pubbliche che cercano di esportare il modello di sviluppo basato su edilizia, meccanica, suderurgia, chimica, energia anche al Sud.

Nel corso degli anni '70, complici le crisi petrolifere, la crescita a tassi sostenuti si interrompe: ormai le case degli italiani sono piene di radio, frigoriferi, televisori, lavatrici e si sostituisce l'auto (o la lavatrice) solo perchè è vecchia o perchè il nuovo modello offre qualche novità.

Nella seconda metà degli anni '70 il ruolo di traino dell'economia passa nella cosiddetta terza Italia. Si scopre che non c'è solo il nord industriale contrapposto al sud agricolo. C'è anche un'Italia fatta di imprese medio-piccole che danno vita ai distretti industriali, piccole zone con una forte concentrazione di imprese specializzate nelle produzioni tradizionali, dai gioielli alla ceramica, dai mobili ai divani, dalla ceramica ai calzaturifici.

Queste imprese sono presenti nel nord-est, in parte del centro e del sud. Giocano un ruolo determinante soprattutto negli anni '80, durante la crisi delle varie Fiat e Montedison, che risentono del calo e dei cambiamenti della domanda interna e della concorrenza internazionale.

E veniamo alla terzo periodo: gli anni '90, gli anni dominati dalla tecnologia dell'informazione, che cambia il modo di lavorare delle imprese facendole diventare più efficienti e rende possibile l'offerta di nuovi prodotti e nuovi servizi da parte del mondo produttivo.

La sconfitta di Al Gore e lo scoppio della bolla della new economy negli USA aprono la quarta fase. Bush promette il ritorno alla vecchia economia fatta di edilizia, auto, chimica e siderurgia e in sia pur minima parte la promessa si è avverata, per effetto soprattutto di una domanda drogata dall'abbondante offerta di capitali.

Il primo decennio del 2000 verrà ricordato non solo per la grande recessione, ma anche, in Italia, come periodo di crescita modesta, perchè le nostre banche non hanno partecipato all'orgia del denaro facile raccolto e prestato a chiunque.

Siamo dunque passati da una crescita sostenuta dell'immediato dopoguerra ad un'economia ferma nel nuovo millennio. Cosa accadrà in futuro?

Lo scenario non è affatto positivo. L'Italia da troppi anni ha rinunciato ad affrontare i problemi dello sviluppo, rinunciando anche a nominare il ministro che si deve occupare dello sviluppo economico.

Nella speranza che prima o poi qualcuno si renda conto del problema e desideri affrontarlo prendendo il toro per le corna, lo scenario più probabile è che l'Italia possa proporre un mix di quanto visto in passato, con il rilancio delle imprese un tempo protagoniste (si pensi a Fiat), con gli investimenti ferroviari e autostradali, ma anche con la ripresa delle piccole e medie aziende che producono scarpe, gioielli o vestiti.

Lo scenario ottimistico è che a questo si aggiunga qualche settore capace di garantire più alti livelli di sviluppo, come sta succedendo nel campo delle energie pulite.

Lo scenario pessimistico, invece, proietta nel futuro l'Italia attuale con le sue difficoltà anche a nominare un ministro per lo sviluppo o le infinite liti che impediscono di costruire una ferrovia o di trovare un accordo su come lavorare in fabbrica.

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