18 febbraio 2011

Il banchiere centrale e la crisi dell'economia globale

Prima di Natale avevo consigliato un paio di libri (vedi qui) dedicati alla crisi economica scoppiata nel 2008. Uno di questi è intitolato Il crollo - Too big to fail, di Andrew Sorkin, edito da DeAgostini.

Un volume di oltre 500 pagine scritto da un giornalista che ha trascorso mesi a ricostruire le vicende che hanno portato al fallimento di Lehman Brothers e al crollo dell'economia mondiale.

Ecco, in sintesi, cosa è successo nel 2008 secondo la ricostruzione di Sorkin.

Le banche d'affari indipendenti, tra cui Lehman Brothers e Bear Sterns, dopo anni di prestiti a chiunque sono piene di titoli complicati, per i quali la restituzione del capitale e il pagamento degli interessi dipende dal pagamento dei mutui da parte di chi ha comprato casa.

Il calo del valore degli immobili rende difficile la valutazione del valore dei titoli e delle banche che li posseggono, e questo favorisce la fuga di capitali: chi ha un conto presso tali banche, preferisce ritirare i soldi. Altri speculano al ribasso sui titoli delle banche d'affari. Scommettono sulle difficoltà di tali banche, il valore delle azioni diminuisce e altri interpretano la diminuzione come un segnale inequivocabile che gli affari, per quelle banche, vanno male. Così a loro volta ritirano i capitali versati, condannando tali banche, se la situazione non cambia, al fallimento.

I governatori delle banche centrali, Ben Bernanke della FED, e Tim Geithner numero uno della banca centrale di New York e il ministro del Tesoro Henry Paulson sanno bene cosa sta succedendo.

Ma pensano che il mercato si possa autoregolare e che sia meglio influenzarlo il meno possibile. Così nell'estate 2008 si danno da fare perchè Lehman, come era successo a marzo con Bear Sterns, sia ceduta a una banca commerciale con minori problemi di liquidità, grazie alla presenza di correntisti meno propensi, rispetto a un gestore di hedge funds, a portar via i soldi al primo segnale di pericolo.

Pensano che l'acquisto di Lehman tranquillizzerà i mercati e che, di conseguenza, le altre banche d'affari (Merrill Lynck, Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley) potranno raccogliere capitali come sempre.

La tradizione sostiene il loro piano: di fronte a una crisi drammatica, il famoso JP Morgan aveva riunito i banchieri più importanti in America e li aveva costretti a trovare una soluzione per salvare le banche in difficoltà. Il fallimento di una banca avrebbe trascinato con sè anche le altre e così i banchieri avevano escogitato un salvataggio.

Ci sono però due problemi che riescono a sottovalutare.

Il primo è l'oggettiva difficoltà di dare un valore a una banca piena di titoli non quotati e molto complessi. Il valore dei titoli dipende da troppi elementi aleatori.

Se il valore di un titolo dipende da migliaia di mutui concessi in giro per l'America, la valutazione è assai aleatoria. Gli acquirenti di case in un sobborgo di Chicago pagheranno il mutuo? e se non pagano quanto si riuscirà a incassare e dunque a quanto ammonteranno le perdite di un certo titolo?
I titoli hanno un valore incerto e così le banche che li possiedono.
Il secondo è il conflitto di interessi potenziale. Per dare un valore a una banca occorrono esperti capaci di valutarne il bilancio. Ma chi può farlo (banche e gli studi di avvocati e commercialisti) può anche usare i dati raccolti in modo scorretto, ai danni della banca analizzata o a favore di un proprio cliente pronto a approfittare dell'occasione per comprare la banca (in tutto o in parte) a prezzi scontati: chi vende perciò teme di fornire troppe informazioni. Ma senza informazioni è difficile dare un valore alla banca.

E' quel che succede con Lehman Brothers. Non si riesce a stabilire un valore. Troppo complessa la valutazione di una marea di mutui. Alla fine Lehman Brothers fallisce, anzi è costretta dal governo e dai due governatori a dichiarare fallimento.

All'improvviso le regole dell'economia di mercato sono state accantonate dal governo, che ha tirato fuori un programma preparato da un funzionario del Tesoro e lo ha imposto a tutti.

Le banche d'affari sono state costrette a prendere a prestito decine di miliardi di dollari, nella speranza che ciò mettesse fine alle incertezze e alle fughe di capitali dalle banche d'affari, costrette a trasformarsi in banche commerciali o a vendersi ad una banca commerciale.

Forse la speranza è stata mal riposta, visto i crolli delle principali economie europee e americane, ma di certo il piano ha funzionato: le banche d'affari del 2008 non esistono più e nessuna di loro è fallita.

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