25 marzo 2010

Il conflitto di interessi (sugli swap) di Tremonti



Lo swap in finanza è un contratto di scambio che riguarda prestazioni di carattere finanziario.

Un'impresa ad esempio paga un tasso di interesse variabile sul mutuo, ma vorrebbe aver sottoscritto un mutuo con tasso fisso. Un'altra ha sottoscritto un mutuo a tasso fisso e si accorge di preferire un mutuo con tasso variabile. Così fanno un contratto: una paga il tasso fisso dell'altra che a sua volta paga il tasso variabile della prima.

Detta così sembra un pò una stramberia. Come se due persone prima scegliessero una pizza ciascuno e poi decidessero di scambiarsele.

Ma non è proprio così.

Immaginate un Comune che ha sottoscritto, qualche anno fa, un mutuo a tasso variabile. Pagava il 7% e sembrava un buon affare. Poi i tassi scendono. Arrivano al 3%. Il Comune vorrebbe estinguere il mutuo e aprirne un altro per pagare il 3,5% fisso, evitando di dover pagare in futuro un tasso più elevato.

Il Comune si rivolge allora a una banca per un prestito (a tasso fisso al 3,5%) con cui estinguere il precedente mutuo. Oppure sottoscrive uno swap: il comune paga un tasso fisso (il 3,5% per esempio) alla banca che paga gli interessi a tasso variabile dovuti dal Comune a un'altra banca. Questo è lo swap.

Se il tasso scende sotto il 3,5% la banca ci guadagna: il Comune paga il 3,5% alla banca che paga un tasso più basso. Se invece il tasso sale sopra il 3,5% è la banca a rimetterci.

Naturalmente la banca sottoscrive un contratto swap se è elevata la probabilità di guadagnarci. E quindi il Comune sottoscrivendo lo swap subisce, probabilmente, una perdita.

Allora perchè si sottoscrive uno swap con una banca?

La cosa più probabile è che sia un modo per rinviare nel futuro gli esborsi. Un pò come pagare a rate diluite nel tempo un debito. La rata diminuisce, ma si paga per un periodo più lungo.

Poi ci sono anche ipotesi meno nobili: i Comuni possono aver sottoscritto gli swap per ignoranza del meccanismo e delle sue conseguenze, visto che le regole e le clausole sono complesse ed è difficile fare previsioni certe sulle somme da pagare; ma possono aver anche sottoscritto i contratti swap per interesse: se una banca guadagna molto con uno swap, può decidere di "incentivare" qualcuno a sottoscriverlo.

La magistratura indaga e in qualche caso iniziano i processi contro qualcuno (dirigenti, amministratori) sospettati di aver fatto sottoscrivere swap in cambio di qualcosa.

In Gran Bretagna hanno deciso di vietare l'uso di questi strumenti finanziari e il nostro governo dovrebbe fare altrettanto. Ma il governo italiano sottoscrive swap come gli enti locali. I benefici per le casse dello Stato sono stati di oltre 6 miliardi di euro nel corso del precedente governo Berlusconi. Poi lo stato ha perso parte di quei soldi.

Tremonti e il governo che nel 2004 ha consentito l'uso degli swap da parte degli enti locali e dello Stato (swap che come ci ricorda Repubblica ammontano a oltre 35 miliardi e potrebbero provocare forti perdite per lo Stato e gli enti locali) sono chiamati a regolare la materia, magari con regole capaci di evitare almeno le pratiche più "pericolose", sconvenienti o capaci di favorire gli illeciti.

Ma com'è possibile che chi usa gli swap possa intervenire con regole che ne limitano l'uso? Come può Tremonti che ha consentito gli swap e li ha sottoscritti per conto del governo decidere di regolamentarne il funzionamento, limitandone l'uso?

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