La questione mi ha incuriosito. Ho notato che in molti dicono l'elenco dei partecipanti era "riservato". Vuol dire che i dati non sono segreti, ma neppure resi pubblici. Chi li ha, li tiene in un cassetto mostrandoli solo a chi ha diritto di conoscere tali dati.
A dire che l'elenco era riservato è stato il settimanale religioso Famiglia Cristiana in un trafiletto nel primo numero del 2004 (vedi qui). Gli altri hanno preso per buono il trafiletto e hanno diffuso il concetto.
E qui mi viene in mente la bufala secondo cui Kennedy è stato ucciso per questioni legate al signoraggio. Se si cerca la fonte si scopre che si tratta di un altro periodico religioso, citato nel libro di Auriti intitolato Il paese dell'utopia, ed edito da una diocesi veneta.
Insomma, che si tratti dell'uccisione di Kennedy o dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia, la fonte è sempre un periodico religioso.
La tesi dell'elenco riservato appare allora debole. Ma è vero che prima dei dati di Mediobanca non si sapeva nulla dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia?
La dottoressa Scatamacchia che ha scritto Azioni e azionisti. Il lungo Ottocento della Banca d’Italia, mi ha fatto notare che la Banca è diventata istituto di diritto pubblico nel 1936. La legge del 1936 (articoli 20 e 21) dice che le quote della Banca sono riservate a banche, assicurazioni e istituti di previdenza.
Perciò sono andato a cercare le quote del capitale di Bankitalia nei bilanci disponibili on line delle banche relativi ad anni precedenti lo studio di Mediobanca. Con un pò di pazienza si trovano bilanci degli anni attorno al 2000 e le quote possedute dalle singole banche.
Mediobanca ha letto i bilanci prendendo nota delle quote del capitale di Bankitalia possedute da banche e assicurazioni. Chiunque avrebbe potuto fare lo stesso. Bastava disporre dei bilanci delle banche e di pazienza.
Se le quote erano indicate nei bilanci bancari prima dello studio di Mediobanca si può escludere che i dati prima dello studio fossero riservati: erano disponibili e chiunque avrebbe potuto ricostruire l'elenco dei partecipanti, se solo avesse voluto.
A questo punto mi sono chiesto se qualcuno si fosse mai chiesto chi fossero i partecipanti al capitale della Banca.
Alla ricerca di qualche fonte, ho chiesto aiuto al professor Gianni Toniolo, che mi ha consigliato di cercare i libri di Renato De Mattia, scoprendo che nel 1977 ha scritto Storia del capitale della Banca d'Italia e degli istituti predecessori, edito dalla Banca d'Italia.
E' curioso che la Banca, che secondo Famiglia Cristiana avrebbe nascosto per anni i dati, abbia invece pubblicato oltre 30 anni fa un libro, disponibile in decine di biblioteche pubbliche in tutta Italia, in cui si affronta l'argomento.
E ancora più curioso è ciò che si può leggere nella prefazione: il primo ad essersi occupato -con l'assenso del governatore Azzolini- del tema del capitale della Banca è stato, nel 1938, Paolo Baffi, che diventerà a sua volta governatore.
Lo studio di Baffi, interrotto a causa della guerra, è stato poi ripreso, idealmente, da De Mattia a metà degli anni '70 e sfociato in un volumino libro edito dalla Banca d'Italia.
Possiamo quindi escludere che Banca d'Italia o i suoi massimi dirigenti abbiano mai voluto nascondere notizie relative al capitale.
Fine prima parte
Un signoraggista mi aveva detto che prima del 2003 la lista dei partecipanti al capitale della BI era "segreto di stato" e per provarlo mi ha fatto vedere una legge del senato in cui al posto dell'elenco dei partecipanti della BI avevano segnato omissis. Io credo di avergli mostrato un decreto sulle acque potabili in cui c'erano almeno 3 o 4 di omissis
RispondiEliminaCiao, oltre a questo blog di economia seguo anche un altro sito di giovani studenti o laureati in economia, anche loro di stampo "liberal", che mi sembra molto interessante http://www.quattrogatti.info/index.php?option=com_content&view=frontpageplus&Itemid=108
RispondiEliminaper esempio mi sembra che abbiano fatto dei buoni lavori nella critica alla manovra economica di Tremonti da 25 miliardi ed anche il loro lavoro sull' immigrazione.
C' è però un articolo che mi ha un momento sconcertato che sostiene che con bassissime tasse sulle transazioni finanziarie si può praticamente ricavare miliardi di euro e in poche parole salvare il mondo...
Hanno apportato anche un paio di link dove si afferma addirittura che questo progetto è condiviso anche dal fondo monetario internazionale e da economisti...qual è la tua opinione? http://www.quattrogatti.info/index.php?option=com_content&view=article&id=144:perche-non-una-tassa-sulle-transazioni-finanziarie&catid=46:finanza&Itemid=100
ci sono diverse esigenze. Una è incassare soldi da usare per vari scopi nobili a cominciare dalla riduzione dei deficit statali e magari anche del debito
RispondiEliminaIn questa prospettiva meglio un'imposta elevata. Ma questo funzionerebbe solo se fosse una scelta mondiale o comunque se si facesse sui maggiori mercati finanziari
Altrimenti se io voglio comprare e vendere azioni Fiat (giusto per citare il nome di un'azienda quotata su + mercati), invece di rivolgermi al mercato italiano mi rivolgo a quello USA. Speculo allo stesso modo ma dove non pago imposte
Poi occorre valutare le conseguenze delle imposte, perchè la vera valanga distruttiva, che ha causato la crisi che conosciamo bene è la fuga dei capitali
Quindi occorre fare attenzione perchè il danno provocato da una fuga di capitali può essere assai più grave del beneficio dell'imposta
La proposta pare ispirarsi alla Tobin Tax, di cui avevo scritto, se ben ricordo (usa la funzione Cerca...) che aveva come scopo quello di scoraggiare e limitare certi comportamenti speculativi che creano danno
In questo senso era andata -pur criticatissima- la cancelliera Merkl (anche su questo tema avevo scritto un post che puoi trovare) con la decisione di porre un limite alle vendite al ribasso: certe operazioni speculative sono + dannose che utili e lo si sa bene
Per cui sono d'accordo con una imposta limitata e ben organizzata