09 maggio 2011

Precisazioni sulla Cina

Qualche giorno fa un amico mi ha chiesto cosa ne pensassi di questo articolo di Superbonus, un dirigente bancario esperto in titoli di stato di paesi emergenti che scrive su Il fatto quotidiano.

Alcune sue osservazioni mi hanno lasciato a bocca aperta.

Stupisce leggere che "gli operatori finanziari occidentali mostrano .. ammirazione" per il dirigismo cinese che ha supportato la crescita economica, perchè il settore finanziario ha sempre invocato una maggiore libertà d'azione e poche imposte, giustificate dalla considerazione che le regole e le imposte spingono i capitali a spostarsi verso mercati più liberi.

Dunque c'è da sospettare che Superbonus riporta un'opinione condivisa -in realtà- solo da pochi o che non si rende conto che l'invocazione del dirigismo è ridicola e ha senso solo se viene espressa da operatori finanziari pentiti dal libero mercato. Pentiti perchè hanno subito perdite.

Meravigliano le previsioni di Superbonus e in particolare la previsione che "non arriveranno crolli improvvisi di aziende di credito, scandali finanziari incredibili, ci potrà essere qualche turbolenza". Infatti agenzie come Fitch (vedi qui) lamentano i crescenti rischi legati alla crescita dei finanziamenti alle imprese e non mancano gli allarmi su possibili bolle immobiliari in un paese che cresce a ritmi assai elevati.

E' vero che la Cina possiede rilevanti riserve di valuta straniera, ma che ruolo hanno?
In caso di crisi dell'economia cinese, parte dei capitali stranieri fuggirebbe. Sarebbe rimpiazzata dai capitali accumulati dai cinesi (le riserve), e tuttavia i cinesi non potrebbero fare troppo affidamento su questa risorsa perchè il contesto politico-economico cinese è molto diverso e più fragile di quello americano o europeo.

Chi investe euro o dollari in Cina vuole essere certo di poter convertire in qualsiasi momento la moneta locale in euro o in dollari. Senza questa certezza non investirebbe per non trovarsi in tasca yuan (la moneta cinese) che non ha lo stesso ruolo sui mercati internazionali. Per questo motivo la Cina ha bisogno di abbondanti riserve in valuta straniera, che garantiscono la convertibilità dello yuan.

Dunque, se la Cina usasse le riserve in valuta, poi come potrebbe garantire gli investitori stranieri? Le riserve, se sono davvero tali, è meglio non toccarle.

Appare risibile la considerazione che "l'eccessiva esposizione al settore immobiliare di alcuni istituti di credito è stata corretta con provvedimenti su misura, alzando i coefficienti di riserva obbligatoria solo a quattro banche". Basterebbe ricordare che Lehman (come avevo segnalato qui) disponeva di ottime riserve per capire che non basta modificare i coefficienti di riserva per stare tranquilli. Superbonus sembra non conoscere le conseguenze della bolla immobiliare giapponese, che ha paralizzato l'economia giapponese per un decennio, o il ruolo degli immobili nella crisi asiatica iniziata nel 1998.

Sembra infine ingenua l'osservazione che la banca centrale cinese controlla la base monetaria. Forse altrove non succede?

Rispetto ai paesi occidentali la Cina opera, ancora una volta, in uno scenario ecnomico differente. Da noi i debiti pubblici sono così elevati che un aumento dei tassi causerebbe ulteriori difficoltà per l'economia.

In Cina invece occorre tenere sotto controllo l'inflazione. La banca centrale perciò aumenta i tassi di interesse, senza dimenticarsi di concedere credito alle imprese manifatturiere, capaci di creare molti posti di lavoro.

Si applica una politica monetaria selettiva, generosa verso taluni tipi di impresa, meno verso altri. E' una politica che concede credito alle aziende manifatturiere perchè creano posti di lavoro e diffondono in benessere presso la popolazione più povera, con effetti positivi, per il regime comunista, sul piano politico.

Da noi invece gli interessi sono diversi e le banche centrali non si fanno scrupolo a concedere soldi a chi li userà per comprare titoli di stato o speculare su cambi, materie prime, azioni o derivati. I soldi si assegnano con aste in cui vince chi offre le condizioni migliori. Non importa che uso se ne farà, se sono impiegati per speculare in borsa o creare posti di lavoro.

Se anzi i soldi finiscono per finanziare il debito di imprese e stati, tanto meglio. Lehman o l'Argentina hanno insegnato che con i debiti non si scherza.

Insomma la Cina vive in una realtà economica molto diversa dalla nostra, che richiede scelte di politica economica differenti e non -per forza- migliori, come sembra suggerire l'editorialista de Il Fatto Quotidiano.

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