04 dicembre 2013

I milioni del PSG

Come ha fatto il Paris St. Germain (PSG) a spendere 63 milioni per Cavani, una quarantina a testa per Pastore, Lavezzi e Thiago Silva, solo per citare i più costosi?

Una società di calcio spende i propri ricavi soprattutto per acquistare e pagare i calciatori. L'acquisto dei calciatori incide sul bilancio principalmente attraverso l'ammortamento. Se un calciatore costa 40 milioni e ha un contratto quinquennale, l'ammortamento è pari a 1/5 della somma spesa, vale a dire 8 milioni all'anno per 5 anni.

Ai quali si aggiunge lo stipendio lordo, ovvero comprensivo di imposte e contributi dovuti per legge.

Non è difficile stimare i costi di uno dei tanti giocatori strapagati dal PSG. 4-5 milioni di stipendio significano 8-10 milioni di stipendio lordo a cui si aggiungono 8-10 milioni sotto forma di ammortamento. Quindi 15-20 milioni l'anno per un singolo calciatore.

Somme che una società di calcio può pagare solo se incassa diverse centinaia di milioni o se qualcuno ripiana le perdite.

Le regole del fair play finanziario impediscono ormai alle società di calcio di spendere a piacimento e di coprire le perdite con i soldi del presidente. Altrimenti rischiano di restare fuori dalle competizioni europee. Per cui devono incassare soldi sufficienti a pagare i costi della società.

Ora, come fa il PSG a pagare le enormi spese derivanti dall'acquisto dei giocatori più quotati?

Il proprietario del club è il figlio dell'emiro del Qatar, che agisce tramite un fondo di investimento del paese. Per finanziare il PSG, il fondo del Qatar ha stipulato contratto con società dello stesso Qatar.

Contratti di sponsorizzazione che mascherano un finanziamento della proprietà e che ora sono sotto la lente della UEFA. Entro fine anno la proprietà del PSG deve spiegare alla UEFA come intende sostituire le entrate riferibili a società qatariote con entrate provenienti da società diverse, dalla tv, dal pubblico.

Insomma, la UEFA ha introdotto regole di fair play finanziario per cercare di evitare che un ricco proprietario spenda somme gigantesche per vincere. Alcuni club hanno aggirato le regole e adesso si 
corre ai ripari.

2 commenti:

  1. Meno male che alla fine se ne sono accorti...

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  2. A dire il vero, l'UEFA se n'è accorta da un pezzo, tant'è che il PSG è praticamente fin da subito sotto osservazione. Anche perché il club francese ha saputo cogliere alcuni punti "scoperti" del fpf, in particolare per quel che riguarda il contributo delle "parti correlate" ai ricavi dei club. INfatti, fermo restando che si tratta sicuramente di mosse per aggirare le norme del fpf, e semplificando al massimo, e tralasciano l'ulteriore problemantica della "retroattività" della sponsorizzazione, il PSG sta cercando di sfruttare un intervento di un qualcuno che sfugge, per l'appunto, alla definizione di "socio" e "parte correlata" così come dettata dallo stesso fpf.
    Alla fin fine, è vietato a un "semplice tifoso" ricchissimo foraggiare tramite sponsorizzazioni faraoniche il suo club del cuore? La risposta è chiaramente no.
    Purtroppo l'UEFA pare voler adottare una cura peggiore del male: quantificare il "valore corretto" dei ricavi da sponsor in base alla storia del club. Il che creerebbe un'assurda divisione fra club che possono sperare in un futuro vincente grazie al loro passato, e club a cui sono tarpate fin da subito le ali proprio perché non hanno un albo d'oro "convincente".

    Senza contare che il fpf ha dei punti contraddittori a prescindere da questo tema: basti pensare che sia stato concepito per eliminare i mecenati cui nulla interessa di gettare soldi a fondo perduto, salvo poi chiederne l'intervento esclusivo (o quasi) se la differenza fra ricavi e costi determinanti supera le soglie "a pericolo". E senza dimenticare che pare favorire l'ingresso nei club non di investitori ma di un altro tipo di mecenati: quelli che investono una tantum rinunciando alla remunerazione.

    p.s.: almeno qui speravo di non leggere di "presidenti che coprono le perdite" ... ;-)

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