05 giugno 2013

Senso di superiorità e costi della politica

Perché i politici italiani sono, con poche eccezioni, disposti a incassare somme rilevanti dal Parlamento o dalle Regioni, pur sapendo che ciò attira critiche potenti e fa perdere consensi?

La risposta banale potrebbe essere che a loro fa comodo "pagarsi" bene, assicurarsi un futuro felice non sapendo se dopo qualche anno saranno rieletti o dovranno cambiare mestiere.

E si potrebbe anche affermare che in alcuni casi pagare bene i politici è una scelta giusta: è vero se si pretende che i politici facciano scelte importanti o se non si vuole correre il rischio che persone qualificate preferiscano svolgere un altro mestiere, attratte da guadagni migliori, oppure se non si vuole rischiare che si facciano corrompere.

Ma forse c'è una risposta un pò diversa: i politici eletti, o almeno gran parte di loro, hanno sviluppato un forte senso di superiorità. Pensano di essere diversi dal cittadino comune e anche dai loro colleghi che alle elezioni non hanno avuto successo, ritengono di conoscere la soluzione ai problemi, pensano che i cittadini abbiano riconosciuto, con il voto, tale capacità e superiorità e per questo pensano sia giusto attribuirsi uno stipendio elevato, a dispetto di critiche.



2 commenti:

  1. direi che c'è una variabile poco considerata: il sistema elettorale ha ripercussioni sul "costo" sostenuto dai candidati dei partiti per vincere i seggi in palio.
    Più gli organi sono numerosi, minore è il costo, penso ai Comuni, dove si sono abbattute le mannaie di riduzione dei consiglieri (eh si, il vero cancro erano consiglieri pagati mediamente 40€ lordi una volta o due al mese...), il "costo elettorale" per entrare con il riparto del metodo d'hondt, è salito enormemente, visto che si son tagliati i posti. Ma, come in tutte le attività umane, se per accedere a qualcosa devo "spendere" di più (ricerca del consenso, quindi più propaganda, più spese per materiale elettorale), allora poi pretendo qualcosa in più, e se l'indennità è bassa, lo pretendo in altre forme: ad esempio dentro al partito, dove prima essere consigliere era una cosa più semplice, mentre oggi è più d'élite, per cui arriviamo alla situazione in cui candidati ancora in formazione (come i consiglieri comunali), si ritrovano a pretendere, visto l'investimento, molte più prerogative, non per forza corruttele (comunque possibili).
    Le corruttele sono sempre possibili, ed anzi sono più convenienti, perché per uno che volesse accaparrarsi i voti necessari, un collegio meno numeroso equivale ad un risparmio, sempre-ché non chiedano anche loro di più, vista la loro posizione più d'élite...
    Da qui si deduce la mia avversione totale per il taglio della numerosità dei collegi, che per me portano sempre a tenere alla porta candidati nuovi, più deboli elettoralmente, che hanno tutto da guadagnarci da un collegio numeroso, visto che sarebbe altrettanto dannoso il limite ad un tot di mandati per tutti...

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  2. pericle, forse è vero, però mi pare che strida un pochino con la situazione dell'Italia in cui ci sono tantissimi parlamentari e tra i più profumatamente pagati

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