20 aprile 2011

Una piccola lezione di economia


Nell'ultima puntata di Report è andato in onda un filmato intitolato Il prezzo (qui il link) che offre una piccola lezione di economia.

Dopo 8 minuti dedicati alle speculazioni sul prezzo delle materie prime, si raccontano due storie.

La prima riguarda un gruppo di coltivatori toscani che producono grano. Resisi conto che il prezzo del grano è basso, decidono di mettersi e per produrre pasta. La chiamano pasta del coltivatore toscano, costa 75 centesimi e consente agli agricoltori di incassare 26 euro a quintale, molto più di quanto offerto l'anno scorso dal mercato.

La seconda riguarda invece un gruppo di acquisto solidale della Brianza che ha deciso di farsi fare il pane anzichè comprarlo dal panettiere, pagando di più sia la materia prima che il lavoro del mulino e del fornaio.

Hanno infatti calcolato che il 40% del prezzo del pane finisce alla distribuzione, cioè al negoziante che lo vende. Il 33% circa al fornaio, circa il 17-18% a chi macina il grano e il resto, meno del 10% a chi produce la materia prima.

Se si riduce la percentuale destinata al commerciante, si può pagare comprare il pane a prezzi convenienti pagando di più il contadino, chi macina il grano e il fornaio che sforna le pagnotte.

Il GAS brianzolo riduce i costi di distribuzione, ovvero si sostituisce al negoziante. E, come farebbe un negoziante, decide cosa comprare e da chi. A parità di qualità, il negoziante sceglierebbe la farina, il mulino e il fornaio meno costosi. Il GAS sceglie in modo diverso e paga i fornitori più di quanto farebbe il negoziante.

Entrambi, negoziante e GAS, possono scegliere cosa comprare e da chi, mentre il il contadino non può scegliere con altrettanta facilità a quale prezzo vendere il suo prodotto. Subisce il prezzo imposto dal mercato (gli anglofoni dicono che è un price taker), ovvero dall'interazione tra chi vende e chi compra grano. Subisce la concorrenza di altri che offrono lo stesso prodotto a un prezzo più basso e, se vuol vendere il suo prodotto, deve adeguarsi al prezzo più basso.

Può però cercare di entrare in un altro mercato, meno concorrenziale e più redditizio, quello di chi produce e vende il pane o la pasta direttamente al consumatore finale o al negoziante. Come coltivatori toscani di grano duro.

E' una piccola lezione che dovrebbero imparare molte imprese e imprenditori che subiscono la concorrenza cinese o dei paesi dell'est dove la manodopera e altri costi sono inferiori a quelli italiani.

10 commenti:

  1. Sono contento Gian che la pensi così. Volevo proprio chiederti questa cosa che avevano fatto vedere a Report, ma mi hai preceduto!

    RispondiElimina
  2. una volta tanto hanno detto cose sensate

    su fiat ad es. giovanna bousier è riuscita a intervistare un ex direttore di 4ruote secondo il quale chrysler c300 si vende a 20.000 $

    lo scopo era dire che fiat è destinata al disastro perchè vende auto su cui guadagna poco

    cerco e trovo che il prezzo è di almeno un 40% superiore (da 28.000 $ in su) e il giorno dopo trovo lo stesso dato sul sito del giornale .... come facciano a riportare certi dati senza un minimo di controllo è un mistero... o forse no...

    RispondiElimina
  3. Ma non era riferita a un mercato diverso?
    Non dicevano tipo che la stessa auto si vendeva a prezzi molto diversi da un mercato ad un altro?

    RispondiElimina
  4. le auto negli USA costano di meno..la C300 sarà venduta negli USA con una nuova versione che è stata presentata qualche tempo fa e in Europa col marchio Lancia Thema

    da noi costerà di + ma quello che si diceva è che là costerebbe 20.000 $

    cosa non vera. E inoltre quando esce un nuovo modello o una nuova versione di un vecchio modello (i nomi restano sempre gli stessi anche se le auto cambiano profondamente) il prezzo sale

    per cui non aveva senso immaginare 20.000 $ neanche se fosse stato vero quel dato

    RispondiElimina
  5. Mi piace bazzicare nei siti di economia per cercare di capirne un po' di più in un momento così difficile.
    Il vostro mi sembra intreessante, COMPPLIMENTI!
    Non avete peli sulla lingua, come contro i signoraggisti. Finalmente sono riuscito a capire come stanno le cose. grazie. vorrei anche chiedere la vsotra opinione su questo sito:
    www.usemlab.com
    ma che cosè la scuola austriaca?
    Marco

    RispondiElimina
  6. il termine scuola austriaca è nato in senso dispregiativo, per indicare intellettuali che rifiutavano i metodi di ricerca usato in germania

    era la fine dell'Ottocento e un gruppo di scienziati sociali ha espresso le idee chiamate scuola austriaca, oggi care a esponenti della destra + conservatrice

    in pratica vorrebbero abolire le banche centrali, emettere moneta come si faceva una volta, in base alle disponibilità di oro per evitare l'inflazione che a loro dire sarebbe inevitabile quando si crea moneta

    l'inflazione ovviamente non c'è (l'iperinflazione nemmeno)e se si facesse ciò che desiderano i sostenitori dell' oscura scuola austriaca (come la chiama Krugman) un'economia non crescerebbe mai a ritmi superiori allo 0,5-1% annui e farne le spese sarebbero soprattutto le classi sociali meno fortunate. D'altro canto non c'è da stupirsi perchè i sostenitori degli austriaci (in Italia ad es. il vecchio Ricossa) invocano un vero e proprio classismo, ovvero una politica economica piegata agli interessi della classe a cui appartengono, la borghesia

    usemlab... a mio avviso sono confusi e soprattutto hanno capito poco di economia. Molto poco. Difficile anche capire cosa dicono. Lunghe pagine confuse

    RispondiElimina
  7. Bel servizio!
    E' scandaloso che si speculi sul prezzo del cibo e quindi sulla vita delle persone. Chissà che con un po' di informazione in più le cose non incomincino a cambiare.
    Ale

    RispondiElimina
  8. Grazie per la spiegazione. Sì anche a sembrano confusi quelli di usemlab, volevo solo sapere il parere di una pesrona più competente.
    MARCO

    RispondiElimina
  9. Anche io mi sono sempre chiesto i perché della filiera lunga in agricoltura e la risposta è - purtroppo - sempre la solita: è una guerra tra poveri per chi sopravvive.
    Chi fa i prezzi sono generalmente i grossisti che però garantiscono la sopravvivenza dell'agricoltore, comprandogli TUTTA la produzione a prescindere e dandogli un congruo acconto. Con questo acconto il coltivatore diretto compra i semi, ara e raccoglie.
    Poi arrivano i camion del grossista e portano via tutto il raccolto. Quindi non bisogna stupirsi se le carote vengano pagate al produttore 10 centesimi: il grossista si assume quasi tutti i rischi e i costi di trasporto. Poi il produttore vede dove gli conviene vendere - e questo spiega perché le carote di Catania siano vendute a Torino - e infine il venditore finale - magari un supermercato le compra e le mette in una cella frigorifera.
    Un terzo, magari si rovineranno e verranno buttate, ma gli altri due terzi verranno venduti a un paio di Euro al Kilo.

    William

    RispondiElimina
  10. eccomi tornato a madrid dalle vacanze di pasqua in Italia

    noi toscani in agricoltura si può fa scuola a tutti

    RispondiElimina

Link Interni

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...