I giornali hanno scoperto in questi giorni uno studio del 2012 di due economisti italiani, Proto e Rustichini, secondo i quali la felicità aumenta con il reddito ma soltanto fino a un certo punto. Poi, superato un livello di reddito, superato il quale la felicità tende a diminuire all'aumentare del reddito.
Si tratta in realtà, come spiegano gli autori, di una vecchia idea, proposta da Easterlin che ha osservato per primo, 40 anni fa, una situazione paradossale: un incremento del PIL procapite non determina un aumento della felicità.
Altri hanno osservato che dove il reddito è troppo basso, la felicità di una collettività è bassa e sale poco con il reddito, perchè l'incremento di reddito serve a soddisfare soltanto bisogni primari, mentre aumenta se il reddito è basso ma non troppo. In quel caso ci si può permettere l'acquisto di beni che migliorano la vita e quindi rendono felici.
Invece quando il reddito supera un certo livello, la felicità tende a non crescere più e anzi diminuisce.
La ragione è che si modificano gli obiettivi e i desideri. Se il povero aspira ad avere una casa più confortevole, cibo migliore, vestiti ecc., chi è ricco aspira a possedere una villa invece di un appartamento, vuole un'auto di lusso invece di un'utilitaria, e così via.
Ma aspirare a possedere beni o acquistare servizi più costosi non rende le persone più felici, anzi scaturisce l'effetto opposto. Questo è il risultato a cui sono giunti i due economisti italiani, che hanno individuato l'intervallo di reddito oltre il quale il benessere non aumenta all'aumentare del reddito.
Ancora una volta si giunge alla conclusione che in una società con minori disuguaglianze si vive meglio. La qualità della vita diminuisce infatti dove è maggiore l'ambizione di possedere i beni, e quindi diminuisce con il grado di disuguaglianza.
Ciao,
RispondiEliminanon hai il link sottomano dello studio di quei due?
niente, l'ho trovato ;)
RispondiEliminahttp://www2.warwick.ac.uk/fac/soc/economics/research/workingpapers/2012/twerp_988.pdf