In 2-3 giorni sono successi due fatti interessanti, che dovrebbero far riflettere chi gioca col fuoco dell'uscita dall'euro.
Il primo fatto sono le rivelazioni di Geithner, ex numero uno della Banca centrale di New York, che ha raccontato che di Berlusconi in Europa non ne potevano proprio più, nel 2011, al punto che alcuni funzionari europei l'hanno avvicinato per chiedere una mano per cacciare Berlusconi.
Il 2011, è bene ricordarlo, è l'anno in cui è andata crescendo la sfiducia verso la sostenibilità dei conti pubblici italiani fino a far saltare il governo. Berlusconi prova a passare come vittima di un complotto contro di lui, colpevole agli occhi dell'Europa -secondo la sua interpretazione- di essersi opposto alla Germania, ma dimentica una banale verità: nel 2011 la fiducia verso l'Italia è crollata, nel giro di pochi mesi lo spread è salito di centinaia di punti e il suo governo è stato incapace di reagire.
Oggi è successo in piccolo un dramma simile. I dati sul PIL del primo trimestre, sceso dello 0,1% per effetto del calo del settore industriale (ha pesato anche l'evidente calo della produzione energetica, complice il clima invernale meno freddo dell'anno scorso), hanno colpito negativamente le borse. In un giorno lo spread è risalito di quasi 30 punti e la borsa ha preso il 3,6%.
I capitali, affliti verso titoli di stato e azioni italiane, hanno fatto marcia indietro, vendendo a man bassa i titoli acquistati qualche mese prima.
I fatti di oggi hanno smentito implicitamente la tesi del complotto che Berlusconi sta cavalcando in questi giorni. I capitali arrivano quando vedono opportunità di guadagno e fuggono quando pensano che le prospettive di guadagno stanno evaporando, e lo fanno velocemente, molto velocemente.
Non importa chi governa ma cosa succede in uno stato. Se le prospettive dell'economia sono negative, si vendono i titoli. Lo spread sale e il valore delle azioni scende. Vale oggi come tre anni fa, con Renzi come con Berlusconi.
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