Tra una settimana la Grecia vota. Ci si aspetta che Syriza, la coalizione di sinistra guidata da Alexis Tsipras, ottenga la maggioranza.
La probabile vittoria di Tsipras potrebbe mettere in discussione molte cose in campo economico. Syriza infatti vuole spingeere l'Unione Euroea, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea a alleggerire o eliminare tutti quei provvedimenti che in questi anni, nel tentativo di sistemare i conti pubblici, hanno prodotto un calo del PIL del 25%.
Ipotesi estrema è che la Grecia esca dall'euro. Ipotesi a cui però alcuni credono. O forse ne approfittano: da quando è parso chiaro chce la Grecia era destinata a elezioni anticipate, i greci hanno deciso di non pagare le imposte.
Fonti del governo dicono che da metà dicembre le entrate fiscali sono scese del 70-80%. Segno che i greci hanno capito che in caso di uscita dall'euro è meglio trovarsi una moneta forte in tasca che una destinata a svalutarsi.
Si tratta di un'illusione, con due importanti conseguenze: la prima è che i greci hanno chiari gli effetti di un'eventuale uscita dall'euro. Sanno che sarebbe inevitabile una forte svalutazione della dracma e per questo preferiscono riempirsi le tasche di euro e aspettare. Chi pensasse che l'uscita dall'euro significhi solo cambiare unità di misura con pochi effetti pratici, oggi ha un motivo in più per capire che si sta sbagliando.
La seconda è che l'incertezza non fa bene all'economia: come non si pagano le imposte magari nella speranza che in futuro si debbano pagare in una moneta svalutata, così può succedere per le imprese o per i consumatori. Chi pensa che una moneta sia destinata a svalutarsi aspetta il più possibile a pagare, rinvia gli acquisti, aspetta tempi migliori per investire: tutte cose che non possono che far male a un'economia già in profonda crisi.
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