31 marzo 2012

Ci libereremo mai dei vizi nazionali?

Qualche settimana fa nei commenti a un post si parlava di vizi nazionali. Gli italiani ne hanno molti e qualcuno pensa che sia difficile sradicarli.


Resteremo dunque un popolo di furbastri, un pò anarchici e pasticcioni?

Forse no. Come ha scritto Giulio Sapelli in Diario Americano (Bollati Boringhieri, pag. 113-5) è solo una questione di abitudine:

"D'estate e nelle stagioni di mezzo si formano lunghe file dinanzi all'ingresso ela gente attende paziente, chiacchierando e ridendo di gusto. Questo è il cotè fanstatico degli americani del Nord: sono straordinariamente controllati dalle norme sociali e sentono una profonda obbligazione nei confronti delle medesime. Si fa la coda e la si fa ordinatamente, perchè si comprende che in tal modo i disagi per tutti diminuiscono e tutti più celermente potranno usufruire del bene che sono venuti a godere."

"Una simile obbligazione sociale mi colpì anni or sono a Melbourne...Essa è un'insieme di tre nazionalità: quella anglosassone di storico insediamento, che rappresenta un decimo degli abitanti; quella greca che ne rappresenta la metà dei nove decimi restanti e che conta all'incirca gli stessi abitanti dell'altra nazionalità...l'italiana.

Ebbene per le strade e le sterminate spiagge di Melbourne non si trova un pezzetto di carta, una sigaretta, un rifiuto e tutti fanno ordinatamente la coda in ogni dove e con una disciplina ammirabile.

Qualità dell'ordine sociale che sicuramente immediatamente perdono allorquando pongono piede sul suolo di origine delle loro nazioni primigenie, come può testimoniare chiunque conosca la Grecia o il mezzogiorno d'Italia d'estate e abbia visto come si comportano gli immigrati tornati nei paesi d'origine per le vacanze. Mezzo milione di inglesi tengono a bada, culturalmente, sul piano delle regole della convivenza, un numero sproporzionato di cittadini..."

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