25 marzo 2012

Cosa resterà della riforma del lavoro?

Leggendo qualche articolo sulla proposta di riforma del lavoro presentata dal governo, con la clausola "salvo intese" che, secondo Mario Monti, significa che la proposta può essere modificata su richiesta del Presidente della Repubblica (cui spetta il dovere costituzionale di firmare le proposte di legge governative), mi domando: cosa resterà della proposta della Fornero?

Già, perché la proposta di riforma suscita molti dubbi. Dubbi dei partiti, in particolare il PD, che criticano i contenuti, così come i lavoratori, che bocciano il governo, la cui popolarità non è mai stata così bassa. Dubbi sulla costituzionalità della legge, sollevati dal solo costituzionalista del governo, il ministro della Salute Balduzzi. Dubbi degli imprenditori che si troveranno a fare i conti con l'aumento del costo del lavoro, misura necessaria per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali e disincentivare il ricorso al lavoro precario.

L'idea della Fornero è semplice: si vuole disincentivare il ricorso al lavoro precario, ai finti stage che servono solo a pagare di meno i lavoratori e in cambio si offre una maggiore flessibilità in uscita, poiché si ritiene che sia un errore mantenere in vita aziende decotte e sia preferibile, invece, rendere più dinamico il mercato del lavoro e, in generale, la vita delle imprese.

Una logica di stampo liberista che non va bocciata a priori, ma che suscita molti dubbi. Se da un lato è positivo che si disincentivi il lavoro precario, dall'altro si rende più precario il lavoro, consentendo alle imprese di licenziare un lavoratore per ragioni economiche, con la certezza che non sarà mai reintegrato e che al massimo l'impresa si troverà a pagare una somma stabilita dal giudice.

Gli effetti di questa novità, contestata dai lavoratori (oltre a quelli ricordati da William qui) saranno sia positivi che negativi.

Da un lato si disincentivano tutti quei comportamenti poco onesti da parte del lavoratore difficili da sanzionare e si riduce la microconflittualità. Dall'altro si rende più precario tutto il lavoro, se un'impresa può licenziare senza reintegro anche in caso di motivazioni dichiarate illegittime.

Tale norma è potenzialmente disastrosa, perché l'incertezza può indurre i lavoratori a spendere di meno, (e un'ulteriore diminuzione dei consumi è l'ultima cosa che serve in questo momento) e i licenziamenti potrebbero creare un massa di disoccupati troppo vecchi per trovare un altro lavoro e troppo giovani per andare in pensione.

Un boomerang per lo stato, che si troverebbe costretto a intervenire per sostenere il reddito dei disoccupati e ad affrontare conti pubblici peggiori, per effetto dei minori consumi causati dalla maggiore incertezza.

E' giusto chiedersi allora, cosa resterà della proposta della Fornero, minacciata dal rischio di incostituzionalità e dall'opposizione di molti, preoccupati dalle conseguenze della legge.

Elsa Fornero e Mario Monti paiono non preoccuparsi. La ministra del Lavoro è persona fin troppo risoluta e convinta di aver ragione, e difficilmente lascerà perdere. E neppure Monti lascerà perdere, convinto che si devono applicare all'Italia le regole che si presume siano invocate dai mercati finanziari.

Dunque il governo non si muoverà dalle posizioni assunte finora, salvo correzioni volute dal Presidente Napolitano, che svolgerà il ruolo di mediatore, e il provvedimento sarà considerato dal Parlamento, che si assumerà il compito di decidere davvero, modificando (prima o poi) le regole più indigeste.

6 commenti:

  1. I dubbi sollevati dal Prof Balduzzi sono mitici :D Unico costituzionalista del mucchio, per cui dovrebbero essere ascoltati ben bene, e forse sono quelli che pesano di più tra le osservazioni della CGIL e gli strali del PD. Graduandoli in ordine decrescente: 1 Balduzzi; 2 PD; 3 CGIL.

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  2. mi sa che il vero obiettivo sia vendere bot con interessi bassi... monti ha iniziato un tour in asia come piazzista di titoli di stato e ha bisogno di un buon argomento per convincere cinesi, ecc a investire nel nostro debito

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  3. nello specifico c'è qualcosa qui http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/articoli/1041054/riforma-del-lavoro-i-ministri-contro-fornero.shtml

    "Nel varco aperto si insinuano il ministro dell'integrazione Andrea Riccardi e Renato Balduzzi. Il ministro della salute è l'unico a essere un costituzionalista e i suoi rilievi infiammano gli animi. Sull'articolo 18 "Meglio andarci piano" perché una sua modifica potrebbe anche confliggere con l'articolo 1 della Costituzione, quello che proclama la Repubblica fondata sul lavoro."


    Per quanto autorevole la fonte, mi pare un po' labile. Se la norma violi di molto il concetto di tutela del lavoro, allora sarebbe incostituzionale alle fondamenta per violazione dell'articolo 1, ma devo dire che una diretta correlazione non c'è. Se, per assurdo, si abolisse la legge 300/70 e si creasse un nuovo statuto dei lavoratori, con misure magari universalistiche e più o meno le tutele volute da PD e CGIL, l'articolo 18 sarebbe il casus belli di un bel nulla. Quello di Balduzzi va inteso come rimando all'articolo 1 urbi et orbi. Se si fa una riforma peggiorativa delle tutele dei lavoratori c'è il rischio di incostituzionalità ab imis.

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  4. Penso che i cinesi ormai investirebbero... leggevo che stanno già avviando operazioni per titoli di debito pubblico europei. Farebbero da tampone.

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  5. Più che da piazzista deve mantenere costantemente la faccia da sceriffo contro l'evasione, e magari da liberalizzatore, come aveva in sede di Commissione UE e su cui ha perduto molto smalto...

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  6. Se recuperi i 250 miliardi di euro dell'evasione, puoi anche cessare di preoccuparti per un bel po' dei tassi, visto che potresti ripagare molti in scadenza e far sprofondare i tassi a livelli quasi krucchi.

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