09 ottobre 2011

La lettera scarlatta


Di recente il Corriere della Sera ha pubblicato il testo della temutissima lettera segreta scritta dal governatore uscente e da quello entrante della BCE, al nostro governicchio. Si parlò di commissariamento, una procedura che negli USA avviene per gli stati federati senza gli shock che di norma seguono ad un default o ad una situazione che sembri sfociare in quello. Ma là hanno altre norme, per cui esulerei troppo.
Il contenuto dovrebbe essere sembrato, almeno per i signoraggisti, in alcune parti, una bufala frutto del complotto demoplutobancario.
Analizziamola bene, tenendo a mente una cosa: Berlusconi finché ha potuto ha utilizzato la scusa della lettera scarlatta, quale scaricabarile per fare riforme (non sempre all'altezza della situazione, né delle richieste) che lui non avrebbe mai abbozzato vista la sua debolezza via via più evidente, sul piano della credibilità finanziaria. Ha spacciato per ineluttabili alcune riforme, tra cui la libertà di licenziamento, i cui effetti perversi sono oggetto di preoccupazione perfino della Confindustria, che si è affrettata a dichiarare che non si avvarrà di quella disposizione.
Posto che alcune delle proposte rappresentano effettivamente ingerenze, dettate dalla consapevolezza, un po' stizzita, che dai disastri che sta compiendo uno solo, rischia di saltare tutta la baracca, non voglio gettare il bimbo con l'acqua sporca.
In particolare, mi riferisco alla proposta di modifica del mercato del lavoro, in cui si dice

"c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi."

Questo punto, pensando ai signoraggisti, mi ha provocato una risata di gran gusto. Quello che invece non mi ha fatto ridere è la casuale mancanza di questo nel DL, poi convertito, a sottolineare che non si è trattato per nulla di un diktat, quanto più di una stizzita ammonizione verso lo stato che potrebbe far saltare la casa europea da solo, più di un'invasione dell'armata russa...
Altra parte importante è la seguente

"Le sfide principali sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro."

Niente di golpista direi... Per la serie la BCE strozza le imprese, perchè le tasse servono per ripagare un debito inestinguibile, allora perché perfino lui evidenzia come sia necessaria una revisione dei "sistemi regolatori e fiscali", in modo da renderli più adatti alla competitività delle imprese? Forse perché non è proprio quell'alieno avulso dal contesto che qualcuno pensa.

Tra le leggerezze che sono da prendere con le pinze, e che andrebbero tenute lì giusto come proposte generali, ci sono:

Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.

Che suona molto male ed è forse la formulazione più stizzita che sia contenuta nella lettera. Usano questi termini pesanti perché son consci di chi hanno davanti, ovvero un uomo ed un governo poco credibili.

Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.

Questo è uno di quelli che invece suona un po' come lesivo. Che vadano applicate riforme alla fiscalità generale, tenendo conto di quella regionale, è già stato detto. Però ribadirlo così, anche per la strutturazione amministrativa interna, offre punti di appoggio a chi parla di diktat.

Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'è l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.

Qui erano partiti bene, nel chiedere una PA più efficiente, un processo di feedback per l'erogazione di servizi, indicatori di performance (ci è arrivato anche Brunetta, anche se è più corretto dire che ci pensò già prima Bassanini) in pratica nulla di nuovo sotto al sole. Quel che appare anche qui lesivo, ad un occhio poco attento, è la parte sulla soppressione/fusione di certi enti. Sono ancora convinto che sia a Draghi sia a Trichet non importi molto delle province e dei piccoli Comuni. Quello che però possono stimare di per certo è che storicamente l'Italia, da Napoleone in avanti, ha avuto un massimo di una novantina di province e che solo nel trentennio 1974-2004 ha visto un bum (il trend di incremento è disponibile qui). Quando si parla di province e di autonomie locali, una via d'imperio non ha mai dimostrato efficienza o i risultati attesi. Possiamo benissimo confrontare che, storicamente, la numerosità delle province italiane si attestasse attorno a 95. Oggi ne abbiamo 109 (la Regione Valle d'Aosta viene conteggiata statisticamente come provincia, ma non esiste una provincia della Valle d'Aosta). Ce ne sono 14 in più, non si scappa molto da questo. Ecco perché anche questo contenuto va letto come manifestazione di una preoccupazione, per cui è sì forte, ma va letto sempre nei riguardi del contesto. Non ci sta dicendo, come qualcuno ha già iniziato a dire: passate le province alle Regioni che così risolvete i problemi (cosa che è da vedere... se passerà questa impostazione potrebbero davvero nascere le province che han chiesto esponenti leghisti con ben meno di 150.000 abitanti... vedi Vallecamonica).

In definitiva, direi che la lettera è un'autentica vergogna per il nostro paese... un po' come una nota in classe era una vergogna da far firmare ai genitori. Ci è stato detto cosa fare, perchè chi mandiamo al governo non è capace di provvedervi da solo.

Un ammonimento a far meglio, al più presto... pena la bocciatura, in tutti i sensi.

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